-Perché queste donne spaccano le pietre a mano mentre le macchine restano ferme in un angolo?
– Perché così lavorano più persone che con le macchine non avrebbero invece un salario. La manodopera fa lavorare in tanti.
Così rispondeva una guida in India alle domande dei curiosi sul lavoro che lì si faceva mentre le macchine stavano ferme ad arrugginire.

Locali delle Officine Meccaniche Reggiane – foto luglio 2017 @maninmente
Sullo sfondo delle rovine campeggiano i murales e i graffiti delle pareti, in un’atmosfera in cui si sente soprattutto l’eco delle riflessioni impossibili da evitare qui.

Edifici esterni nel quartiere delle Ex Officine Meccaniche Reggiane – foto Luglio 2017, @maninmente
Diversi artisti, dai più noti ai meno famosi, hanno lasciato il loro segno : Rhiot, Gas, PsikoPatik, Caker e Collettvo FX, Hang, Bibbitó, Reve+, Lante , Astro Naut, ecc. Fare un elenco di tutti pare impossibile.

Interni di uno degli edifici nel quartiere delle Ex Officine Meccaniche Reggiane – foto Luglio 2017, @maninmente
Stando alle notizie più recenti le istituzioni provvederanno al recupero ed al rinnovamento di un’ulteriore porzione mentre silenzioso continua il movimento spontaneo di riappropriazione di quei muri con gli street artist che li “pittano” dal 2012, facendone un punto di riferimento per la street art nazionale e internazionale.

graffiti all’interno dei locali abbandonati delle ex Officine Meccaniche Reggiane – foto agosto 2017 @maninmente

Murales delle Officine Meccaniche Reggiane – foto luglio 2017, @maninmente
Qui lavoravano circa 12.000 dipendenti; qui hanno avuto luogo importanti fatti storici del secondo conflitto mondiale (il bombardamento dell’area il 7 e 8 gennaio 1944, i 368 giorni di occupazione di protesta dei lavoratori e l’eccidio dei 9 operai nel 1943); qui oggi c’è un tecnopolo ed è in corso di realizzazione un importante progetto di recupero urbanistico.
Sono strati sovrapposti di storia che raccontano dei cambiamenti di quella originaria città di 70.000 abitanti con la sua provincia, e le sue persone.
Come non fare delle riflessioni?
La storia delle Officine Meccaniche Reggiane.

resti di un edificio delle ex Officine Meccaniche Reggiane, foto agosto 2017, @mninmente
“un’azienda di alto profilo tecnologico, … che doveva agire nel deserto industriale dell’Italia fascista (e dell’Emilia ancora agricola e rurale), costretta a scontare i limiti del ritardo dello sviluppo produttivo ed economico del paese…” e che iniziava 60 anni dopo l’avventura della tedesca Siemens ( così M. Storchi, responsabile dell’archivio storico di Reggio Emilia, nell’introduzione del libro “Reggiane- cronache di un grande fabbrica” di M. Bellelli).
Questa iniziativa imprenditoriale dei primi del 900 che ha in Giuseppe Menada il suo deus ex machina, è stata per la città di Reggio e i dintorni una vera e propria rivoluzione che ha portato l’attività industriale in un territorio quasi esclusivamente agricolo.

Un volantino pubblicitario dei prodotti delle Ex Officine Meccaniche Reggiane – foto Agosto 2017, @maninmente

promozione prodotti Reggiane fine anni 30, dal libro ” Le Reggiane raccontano la città” di A. Canovi
E la storia delle attività delle persone da lì uscite.
“Allora, poter dire che eri un operaio delle Reggiane era un titolo…il sogno di un giovane, in una provincia interamente dedita all’agricoltura”…:
questo è il ricordo di Aldo Magnani, un uomo del ’20, prima operaio alle Reggiane e poi alla Maserati dal 1950 fino al 1960.

disegni di progett in uno degli edifici nel quartiere delle Ex Officine Meccaniche Reggiane – foto agosto 2017, @maninmente
Alle Reggiane hanno lavorato Emidio Benevelli, fondatore dell’azienda Benevelli Transaxles di Rubiera, Renato Brevini e il fratello Luciano, padri di quella che oggi è una delle più importanti aziende nel settore, la F.lli Brevini, Michele Rossi ed Emo Campari della RCF (Radio Cine Forniture), Cesare Campioli, sindaco della Liberazione e fondatore dell’ azienda OMSO (Macchine di Stampa su Oggetti) leader mondiale e Mirco Landini, delle omonime aziende Landini .
Senza dimenticare Emore Medici, ex operaio che realizzò il modellino del celebre caccia Re2001, prodotto negli anni Quaranta, e Franco Reggiani che si ricorda anche per il monumento alla Ferrari nei pressi del casello autostradale di Reggio Emilia.

Volumi delle Reggiane nell’Archivio storico di Reggio Emilia – foto settembre 2017 @maninmente
Questo bacino di manodopera ha generato, nel tempo e con le discontinuità che la vita reale comporta, la fioritura economica che oggi colloca le province di Reggio e Modena nel cluster della meccatronica. Ma ha anche prodotto soprattutto un trapasso conoscitivo dotando le persone addette ai lavori di quello know how che poi ne ha fatto la fortuna.
Significativo è il fatto che da quella fabbrica sono uscite capacità individuali potenziate e non schiacciate dall’omologazione del lavoro a catena; l’inventiva e l’intraprendenza del singolo hanno prevalso, così come ci è “italianamente” più consono.

resti di bombolette spray degli street artist, fuori nell’area delle ex Officine Meccaniche Reggiane, foto luglio 2017, @maninmente
Oggi.
E lì, in Via Agosti, delle Reggiane allora cosa rimane?
In concreto, ciò che si può toccare subito con le mani e vedere con gli occhi, sono solo quei muri dipinti, suggestivi e talvolta violenti nel loro messaggio di protesta. Per il resto al momento rimangono gli sterpi, i detriti e le macerie per rivendicare nuova vita.
Molti da lì hanno potenziato le proprie abilità manuali; tanti hanno fatto fortuna. Ma tutto ciò è accaduto tempo fa.

Interni di un edificio nel quartiere delle Ex Officine Meccaniche Reggiane – foto agosto 2017, @maninmente
Cosa significa? Che i grandi problemi rimangono perchè questa crescita non necessariamente genera incrementi significativi di occupazione.
Si contestano le piccole dimensioni delle imprese economiche nazionali ma, come dimostra l’avventura delle Reggiane, forse noi – italiani – non riusciamo a sostenere dimensioni industriali importanti.
Il nostro punto di forza rimangono e rimarranno le dimensioni medio piccole, superate le quali solo le multinazionali ne potranno trarre giovamento.
Eppure la visione spicciola ma di buon senso che ci faceva intuire la guida indiana dell’inizio di queste pagine indicherebbe che tutti potrebbero lavorare al prezzo di un abbassamento tecnologico dei modi di produzione.
Ma il mondo non va più così .

murales alle ex Officine Meccaniche Reggiane, foto luglio 2017, @maninmente
Anche l’atelier dell’artista sparisce?
Per enfatizzare fino al paradosso (che poi non lo è tanto) il pensiero, all’ultimo festival della filosofia , Franco Vaccari – artista modenese – dichiarava che non esiste più l’atelier. Cioè nell’arte – Vaccari in tal senso si riferiva all’arte concettuale – il “fare”, la produzione a mano, non esiste più. Gli sopravvive non tanto l’oggetto artistico quanto piuttosto il concetto artistico, cioè l’ idea e la creatività.

Rinoceronte dell’artista belga Dzia, nei muri delle ex Officine Meccaniche Reggiane, fotografia del luglio 2017, @maninmente
Dovremo soprattutto pensare, ideare, creare e progettare? Saranno queste le nuove competenze con le quali potremo colmare il gap tra occupazione e disoccupazione?
Sono domande importantissime, molto significative di questi tempi in cui, prima di riuscire a dare delle risposte concrete, i molti senza le competenze utili per poter pensare, progettare, concettualizzare il loro lavoro non ne usciranno indenni . Per non parlare poi, più poeticamente, di quelli che sono appassionati del loro lavoro, fatto con le mani. Innamorati del piacere che il fare restituisce rispetto al pensare.
Oggi non ci sono le risposte ma leggendo l’evoluzione del passato sino ai nostri giorni conviene prepararsi a prendere le strade che si aprono davanti cogliendo subito quello che serve per attrezzarsi.
Così facendo si può spingere anche chi ha le redini politiche a fare scelte più efficaci.

Sfiggy, murales e personaggio di Alessio Bolognesi, Ferrara, classe 1978. Nelle ex Officine Meccaniche Reggiane, foto agosto 2017, @maninmente
Un ringraziamento speciale a Massimo Storchi, responsabile dell'Archivio Storico di Reggio Emilia, che mi ha fornito preziose informazioni e mi ha mostrato l'archivio. Grazie anche a Michele Bellelli, autore del Libro "Reggiane, cronache di una grande fabbrica italiana" a cui mi sono appassionata per scrivere di questo argomento.
Grazie anche ad Annalisa che per prima mi ha accompagnata in questo splendido luogo.
Da non perdere a Reggio Emilia, il prossimo mese di novembre 2017, l'importante mostra dedicata alle Reggiane.
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