Che arte il profumo!

Tra tutte le cose che oggi condividiamo e che sono condivisibili, ce ne sono alcune – come il tatto e l’olfatto – che i social non sono ancora riusciti a riprodurre pubblicamente, togliendocele dal nostro intimo più privato. I profumi e gli odori sono  per esempio un affare assolutamente personale ed una materia che manca di un linguaggio uguale per tutti.

Materie prime per profumazioni esposte a Palazzo Mocenigo – foto di Palazzo Mocenigo, Fondazione Musei Civici Venezia

L’ impatto emozionale e la persistenza nella memoria individuale  di un odore  è tale da non poter essere nè ripetibile né riproducibile.

Io ricordo con chiarezza l’odore di brace con cui mia nonna si scaldava il letto, e l’odore dei ceppi bruciati nella sua stufa “economica” vicino alla quale si scaldava le ossa; ma ricordo  anche il profumo della pelle lavata col sapone di Marsiglia di una persona a me tanto cara e che associo in modo inequivocabile solo alla sua faccia ed al suo nome.

Insomma ad ogni odore corrisponde un’immagine e un contesto di vissuto  che poi si è trasformato in  sensazione – di freddo, di caldo, di gusto o disgusto – e che alla fine è continuato come emozione. Eterna.

L’olfatto “è uno dei sensi più diffusi nel regno animale, che sia nell’aria, nell’acqua o sulla terra.(..) Non conosco nulla senz’ odore”: 

così Jean Claude Hellena, creatore di profumi per la Maison Hermés. E’ lui che mi ricorda che il naso è il solo organo ricettore di interscambio con l’esterno di cui siamo dotati per la comunicazione diretta tra la nostra intimità,  e l’ambiente in cui viviamo. Forse questa caratteristica è anche il requisito necessario per preservare questo senso dall’”usura” che è toccata invece ad altri, come la vista .

Antichi vasi con materie prime per profumazioni esposte a Palazzo Mocenigo – foto di Palazzo Mocenigo, Fondazione Musei Civici Venezia

Ai profumi spetta un posto speciale: ho voluto parlarne  qui, assieme alle storie di produzioni di artigianato e di creatività artistica perchè si tratta di un mondo dove le mani e il pensiero creativo confermano di essere una parte determinante nella realizzazione di quelle opere.

Fare un profumo, oltre che rappresentare un mestiere creativo ( il mestiere di “naso”creatore di profumi è quello di  “stilista ” o di “sommelier” di fragranze), è anche una tradizione di lunga storia. In Italia, e non soltanto.

Vasi e attrezzature per profumeria esposti a Palazzo Mocenigo- foto di Palazzo Mocenigo, Fondazione Musei Civici Venezia

Si comincia dalla produzione delle materie prime utilizzate(gli olii essenziali come il bergamotto e il gelsomino, specialità italiane) fino al prodotto finale – il profumo – che per ogni regione italiana vanta una propria fonte di ispirazione, in relazione sia alle caratteristiche dei nostri territori che alla cultura del periodo. Sul finire dell’800, ogni regione d’Italia darà alla luce profumazioni diverse: così Capri avrà i suoi profumi a marchio Carthusia, Genova la sua Acqua, e Parma altrettanto, insieme alla famosa Violetta della Borsari & Figli. Senza dimenticare qui a Bologna, in Emilia, la storica Acqua di Felsina brevettata nel 1827 e recuperata oggi a nuova vita col marchio Autentica di Felsina.

Bortolotti etichetta delll’Acqua di Chinina Bortolotti di Bologna, fine XIX sec collez privata – foto Museo del Risorgimento

Sembra incredibile, e ci sfugge facilmente, eppure esiste ovunque una ricca cultura ed una lunga tradizione che viaggiano di pari passo con la sua importanza come risorsa economica, produttiva e di lavoro. Un esempio? Il numero di operatori che affollano le giornate del Cosmoprof di Bologna, una fiera internazionale che è giunta quest’anno alla sua 59sima edizione , con più di 250.000 visitatori in 4 giorni.

E più nascosta ancora, invisibile, c’è una cultura del saper fare che segue i codici del lusso: obiettivo del “naso”  è quello di far sentire chi indossa un profumo una persona con un  “abito” speciale che la renderà inconfondibile tra le altre.

Per questo si cercano oggi  marchi artigianali in cui è più forte la competenza e il gusto del mestiere del maître parfumier, perchè lui solo è in grado di  creare un profumo per nuovi desideri  di chi lo indossa .

Francesca Faruolo, studi in lettere ed una specializzazione in comunicazione e tecnologia dell’informazione, coltiva la passione per la bellezza e se ne è fatta ambasciatrice ideando il Festival Smell. Si tratta di un’occasione in cui – grazie ad ospiti speciali – Bologna “la dotta” avrà un’ occasione per mostrarsi nella sua veste ecclettica facendosi portavoce del lato artistico- culturale della profumeria.

Illustrazione di Georges Bousquet Casajordi per Smell Festival

Non sarà a Milano, capitale della moda e del lusso, né a Firenze, già nota a tutti per la sua storica tradizione di artigianato artistico, ma a Bologna che, a partire da giovedì prossimo 24 giugno, fino a domenica 27,  Smell Festival aprirà con le sue mostre, le installazioni artistiche, le esposizioni di fragranze, i laboratori, le conferenze  e gli incontri con i più famosi operatori del settore. Ci saranno   Diletta Tonatto  della Maison Tonatto, o l’artista Peter De Cupere, fino a Dominique Moellhausen  Perfumer e R&D Vice Director di Moellhausen s.p.a.

Non mi basterebbero le righe veloci di questo blog per raccontare tutto il mondo che riguarda i profumi. Comincio ora per proseguire poi con tutto quello che il Festival ci regalerà non appena aprirà i battenti.

Libri consigliati:
– Le parfum, di Jean Claude Hellena, PUF 2012
una ricca bibliografia specializzata è reperibile a questo link

Link consigliati:
Accademia del profumo
Smell Festival
Bortolotti Acqua di Felsina
Googles arts & culture
Consorzio del bergamotto
Colognoisseur ( blog di profumi)

Video:
Rai Italia Community
Gooogle arts & culture: i fiori di S. Remo
Google arts & culture: mostra delle essenze e dei profumi
L’olfatto, il senso del futuro | Francesca Faruolo | TEDxBologna

Tour emiliano tra burattini e burattinai.

Il tour.

Pensare ad un viaggio di piacere in Emilia può sembrare improbabile. Eppure lì sono numerose le mete ricche di sorprese, se ci si lascia sedurre da un certo suo fascino.

Un tour inusuale e un po’ speciale potrebbe essere quello in visita ai musei dei burattini.

Mappa dei musei e dei fondi di burattini in Emilia Romagna- IBC E-R. cd."chi è di scena"

Mappa dei musei e dei fondi di burattini in Emilia Romagna- IBC E-R; fonte: CD : “Chi è di scena” 2009

Se capitate al Castello dei Burattini – il  Museo “Giordano Ferrari” di Parma – sarà impossibile non cogliere in quell’allestimento l’ amore del suo padre fondatore, il burattinaio parmigiano Giordano Ferrari, o meglio, sarà impossibile non percepire la pienezza di quella vita dedicata alle “teste di legno”.

La sua appassionata dedizione al mestiere si ritrova nelle sue stesse parole riportate nel cartellone che accoglie i visitatori all’ingresso: Ferrari le dedica ai burattinai, perchè “non vada perduto il ricordo di tutti i colleghi e i nuclei familiari che lottarono contro la miseria, le tribolazioni, con poche gioie e molti sacrifici per conservare e migliorare quest’arte nata, io penso, con l’uomo e donando ad essa, con semplicità, tutta la vita.” (foto)

In giro per le strade, nei mercati e nelle piazze delle città, i burattinai erano i cantautori, gli sceneggiatori teatrali, gli autori e i giornalisti dell’epoca, i comunicatori e gli artisti di strada di oggi, impersonati tutti in un’ unica medesima figura.

E l’Emilia Romagna rappresenta la terra dove, tra la fine del ‘700 e i primi dell’800, nasce e si sviluppa il maggior numero di burattinai. Due sono le scuole più famose che qui hanno origine: quella bolognese e quella modenese. Due saranno i diversi approcci che le distingueranno, in quanto riferiti ai diversi assetti politico-istituzionali dell’una e dell’altra sede (Bologna, Ferrara e la Romagna sono sotto lo Stato Pontificio, Modena, Reggio, Parma e Piacenza, sono invece Ducati).

I burattinai.

Veduta di Piazza Maggiore Bologna con casottino di burattini; sec. XVIII - Collez. Fondaz. Cassa Risp. BO

Veduta di Piazza Maggiore Bologna con casottino di burattini; sec. XVIII – Collez. Fondaz. Cassa Risp. BO

Già a partire dal 600-700 tutti i burattinai, chi più o chi meno con consapevolezza o con ingenuità, si facevano portavoce dei sentimenti popolari e del malcontento della gente.

Insieme alla gente condividevano riso e pianto, trasmettevano nelle piazze e nei mercati la loro satira politica e le notizie locali, e in tal modo ne diventavano i principali diffusori.

Il teatro dei burattini si esibiva in spettacoli sempre all’aperto, ed era un mestiere che aveva bisogno di spostarsi nelle diverse località, per produrre. Le sue rappresentazioni si basavano principalmente sulla parola, spesso sboccata e volgare, e quindi più esposte alla censura delle autorità.

Le maschere.

Dentro al Museo tantissimi sono i personaggi che si incontrano: le “maschere senza maschera” – cosiddette per contrapporle alle tipologie della Commedia dell’Arte (Arlecchino, Pulcinella,Brighella, Pantalone, ecc.) – ognuna tipicamente legata al territorio d’origine o alla scuola di riferimento.

Fagiolino - foto del Castello dei burattini di PR

Fagiolino – foto del Castello dei burattini di PR

Fagiolino è originario della zona allora più povera e malfamata di Bologna, Via del Pratello, dove bazzicavano delinquenti e prostitute: è impertinente, sboccato, vive di espedienti ma usa il bastone per difendere i più deboli. Sogna tagliatelle e giustizia per tutti.

Sandrone - Castello dei burattini PR

Sandrone – Castello dei burattini PR

Sandrone, personaggio ignorante ma furbo  di Modena, è un contadino di mezza età, ha un certo buon senso ma fuori dal suo ambiente combina solo pasticci. Dal 1846 diventa la  famiglia Pavironica, con la moglie Pulonia e  il figlio Sgorghiuelo.

Nel museo non poteva mancare il carattere parmigiano  diBargnòcla maschera Castello dei Burattini di PR

Bargnòcla – Castello dei Burattini di PR

Bargnòcla. Ispirato al calzolaio Vladimiro Valesi (o Favalesi), abitante dell’Oltretorrente (antica zona di Parma), deriva il suo nome dal grosso bernoccolo che ha sulla fronte  e che lui sostiene essere una “voglia di osso di prosciutto”. Non poteva quindi che essere simbolo di uno spirito gaudente, amante del cibo e del vino, dal carattere gioviale, sarcastico e polemico. Nel museo sono esposti diversi Bargnòcla che ne documentano l’evoluzione del carattere.

Bargnòcla - Castello dei Burattini PR

Bargnòcla – Castello dei Burattini PR

Gli spettacoli del teatro delle figure animate – quello dei burattini in particolare – sono tutti comici e i loro intrecci si basano sul conflitto. Si tratta di un tema vecchio come il mondo che mette in scena i litigi, i battibecchi e le invidie dei personaggi, ognuno intrappolato nella sua quotidiana lotta contro le ingiustizie, la miseria e la fame.

E il burattinaio, attraverso i suoi burattini, spesso non si esimeva dal dire la sua su tutto questo.

 Un mestiere dalle tante facce.

Il mestiere del burattinaio era meno oneroso di quello del marionettista e ciò lo ha reso un’attività più diffusa : non necessitava di strutture complesse nè di molte persone. Ne bastavano 2, attrezzate con la “muta”, cioè di tutte le teste di legno che servivano per gli spettacoli in repertorio.

Romano Danielli con Fagiolino e Sandrone - Foto IBC E-R

Romano Danielli con Fagiolino e Sandrone – Foto IBC E-R

Fare il  burattinaio tuttavia non significava solo metter in scena una rappresentazione: a volte,  quando non faceva ricorso ad intagliatori, ebanisti e scultori ( per es.: Enrico Frabboni, o Antonio Saccomanni di Lendinara intagliatore) che producevano i pezzi in sua vece, era lui stesso l‘intagliatore delle teste di legno della sua muta. Ne era anche il decoratore dei visi e il sarto produttore dei costumi.

Oggi.

Oggi di tutta questa tradizione è rimasta una  flebile traccia: i nuovi media, televisione, cinema e  web hanno il predominio sui ritmi e sugli spazi dello spettacolo e della comunicazione.

Ma sia chi si è guardato negli anni ’70 Topo Gigio o negli ’80 i Muppets Show, sia chi oggi guarda al cinema film d’animazione, come Box Trolls o Coraline, animati con la tecnica dello Stop Motion, non può dimenticare che si tratta dei pronipoti di quel mondo più lento ma lo stesso non meno fantastico dei burattini e delle marionette. Quel mondo ha avuto sviluppi e trasformazioni importanti il cui senso e la cui evoluzione conta anche per le tecniche future.

E fa piacere però sapere che ancora oggi sono rappresentati spettacoli bellissimi. Segnalo qui quelli del Teatro Gioco Vita di Piacenza (e non solo) che con nuove tecniche, nuovi linguaggi e rinnovate suggestioni riescono a far sognare non solo i bambini ma anche i grandi.

 

 Si ringrazia la dr.ssa Micaela Guarino di IBC Emilia Romagna per le preziose fonti che mi ha fornito per documentare questo articolo e si ringrazia IBC E-R per conservare, catalogare, restaurare e aver cura di questo patrimonio unico che possiamo così raccontare per raccontarci.