L’artista va a scuola. Ma davvero ci va?

“Mamma perché ci sono così pochi licei artistici rispetto al classico o allo scientifico?”

E io cosa potrei rispondere? L’unica cosa adeguata la trovo in una scena a cui ho assistito durante l’orientamento scolastico alla scuola secondaria: l’alunna di turno, scelta per presentare il suo percorso,  candidamente, in una sorta di transfer psicologico, così ci informa : “ho scelto l’istituto tecnico commerciale perché mia madre non voleva che facessi l’artistico”.

Non è un caso perchè sembra che la preoccupazione principale delle famiglie che si ritrovano in casa un figlio con attitudini creative sia soprattutto di proteggerli da quel mestiere sconosciuto a cui potrebbero essere destinati per talento, perché l’arte non è considerata un “mestiere” né tantomeno quella dell’artista è una figura riconosciuta e riconoscibile.

Se è un problema di nomi, chiamiamolo diversamente, per esempio chiamiamolo “illustratore”. Non che vada meglio per questa figura, anzi, tutti quelli che hanno un interesse diretto con la persona in questione proveranno a dissuaderla dal tentare quel lavoro (come mi ha detto anche Arianna Papini)

Ma chi è l’illustratore e cosa occorre fare per diventarlo?

Le testimonianze che ho raccolto le ho combinate insieme su queste pagine, riducendo ognuna a poche righe, giusto per abbozzare gli attori, lo scenario e gli strumenti a disposizione di chi sente la “chiamata” ad un mestiere d’arte.

Quando si affronta quel momento delicatissimo che riguarda le proprie scelta di vita, come gli anni da spendere nella propria formazione o la svolta da fare nella propria vita professionale, non sempre si ha la lucidità sufficiente per distinguere bene tra le lusinghe e i respingimenti di questi ambienti così affascinanti, ma misconosciuti e duri.

Guardando con gli occhi di chi si e’ già formato

Tutti – o quasi – i ragazzi che ho incontrato hanno frequentato il liceo artistico.

Illustrazione di Noemi Vola per il libro “Un orso sullo stomaco” di Corraini editore

Noemi Vola, classe ’93,  è in procinto di completare il suo percorso accademico al 5° anno del corso di illustrazione a Bologna. Lavora mentre sta concludendo gli studi così come ha sempre fatto negli anni dell’ accademia, sia collaborando con Blancaun collettivo indipendente di ragazze illustratrici,   sia  con le attività collegate al festivaL Bil Bol Bul . Suoi attuali committenti sono case editrici come Corraini , Bianco e nero e Planeta Tangerina  : sono stati gli editori a contattarla scovandola tra i partecipanti non selezionati attraverso laBologna Children’s Book Fair . Partita con corsi estivi ad Ars in Fabula è approdata all’accademia di Macerata dove non è riuscita a trovare né le opportunità di una collaborazione in rete tra le due realtà formative né un percorso come quello di Bologna. E’ in quest’ultima scuola che ha continuato gli studi trovando finalmente lì la sua dimensione: un corso di laurea, triennale e magistrale, tutto dedicato all’illustrazione, dove prof. come Emilio Varrà, sono stati per lei determinanti.

illustrazione di Valentina Salvatico

ValentinaSalvatico, classe 1984, piemontese come Noemi, mi ha raccontato della sua esperienza all’accademia di Torino con un senso di  vissuto sofferto: i 4 anni nel corso di pittura, pur con tutta la passione profusa nell’arte contemporanea, le hanno lasciato una sensazione di forte estraniamento. All’accademia di Torino infatti ha patito quel senso di distacco dalla realtà che il mondo dell’arte contemporanea può incutere, tutto chiuso in se stesso, nonostante il fascino e gli stimoli che emana. Grazie al lavoro con Franca Aimone  e i suoi laboratori di danza e autoespressività, Valentina ha rionciliato le sue aspirazioni col suo talento ed il mondo reale. Oggi lavora instancabile a nuovi progetti, tra cui quello di rappresentare su veline poesie delicate”   disegnando giorno e notte per non perdere quello che è riuscita a conquistarsi con lo studio, la passione e ora con la sua nuova determinazione.

illustrazione di Laura Aldofredi

Laura Aldofredi, 28 anni, diplomata alla triennale di Belle Arti di Brera e quindi all’Accademia di Belle Arti Jan Matejko di Cracovia, in Polonia, con in tasca il master di Ars in Fabula, è illustratrice ed artista. Il racconto della sua esperienza testimonia la distanza che ha vissuto con l’insegnamento accademico e il bisogno di  una maggior preparazione alla manualità. A Cracovia, per contro, ha  trovato sia la considerazione umana e la formazione manuale che le hanno consentito di scoprire come mettere in pratica ciò che la contraddistingue: cioè la sua ricca vena narrativa. A Brera queste qualità le sono state in qualche modo penalizzate in quanto ritenute ridondanti per l’ambito pittorico.

Da Laura ho capito quanto sia determinante nella vita di un artista riuscire a soddisfare il bisogno di trovare il proprio sé perché, come lei stessa mi ha detto, è proprio dall’ autoconsapevolezza, dall’onestà con cui ci si riconosce artisti o meno, che si può fare l’illustratore ( l’artista). Se un illustratore è molto onesto, allora potrà essere persino più innovativo di quanto un artista riesca ad esserlo nell’ arte contemporanea.

Illustrazione di Lorenzo Ghetti per cartolina To Be Coninued

Lorenzo Ghetti, classe 1989, è fondatore ed autore di To Be Continued Comics  una webcomics che dimostra le potenzialità della narrazione a fumetti sul supporto digitale. In tasca ha un diploma di maturità scientifica e una laurea magistrale all’Accademia di Bologna in fumetto. Riporto direttamente il suo pensiero perché esprime meglio di quanto potrei fare io per rappresentare la sua “filosofia” di vita :

Riesco a mantenermi anche secon un tenore di vita basso (vivo ancora in coinquilinaggio). In fondo non mi serve molto per vivere: preferisco per adesso guadagnare poco ma avere il tempo di fare solo cose che mi piacciono.L’Accademia è stata fondamentale per me, forse non tanto come esperienza didattica ( i suoi insegnanti mi hanno comunque dato molto), quanto con tutto ciò che mi è capitato intorno.

L’Università non ci farà mai trovare la ‘pappa pronta’: siamo noi a doverci muovere. Ma lì ho incontrato molti ragazzi con la mia stessa voglia di fare, e insieme abbiamo iniziato cose al di fuori dell’Accademia.

Con alcuni di loro ho fondato un’etichetta indipendente, Delebile Edizioni, attiva ancora oggi ma di cui non faccio ormai più parte.

Ascoltando gli insegnanti dentro l’Accademia 

davanti all’accademia di Belle Arti di Bologna, sotto i portici – foto @maninmente

Quello che ho scoperto all’ Accademia di Bologna, l’unica in Italia con un corso di laurea in Illustrazione di 5 anni, me l’hanno raccontato i suoi docenti coordinatori: i professori Emilio Varràe Mario Rivellialias Otto Gabos.  Da loro ho saputo che, a differenza di quanto accade negli altri corsi, in Accademia, al dipartimento di illustrazione, c’è una struttura più giovane, orientata a leggere la contemporaneità. Inoltre, poichè il corso ha a che fare con le arti applicate, non solo si studia ma le materie trovano anche la loro applicazione pratica: a fianco dell’apparato teorico, finalizzato a creare consapevolezza nello studente, c’è un ambito completamente laboratoriale-artigianale.

All’Accademia di Bologna i professori Emilio Varrà (sn) e Mario Rivelli (ds) – foto @maninmente

Nel dipartimento di pittura c’è invece tutta quella libertà che serve per una disciplina che non deve avere limiti, e tuttavia questa dimensione, per molti studenti, può risultare  spaesante .

Il corso di illustrazione, per sua stessa natura, è legato al prodotto editoriale, quindi è orientato ad una creatività nel fare. Rispetto alle scuole private l’Accademia ha come obiettivo quello di costruire l’identità artistica e autoriale dello studente, cioè si fa carico di renderlo consapevole rispetto a chi è e a cos’ha da raccontare, dotandolo delle tecniche utili per poterlo fare. Viene fatto anche molto lavoro di artigianalità, insegnando gli strumenti da utilizzare, come lavorare in digitale, quali sono le caratteristiche della stampa, ecc.: manualità e autorialità insieme.

nei corridoi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, davanti alle opere di alcuni studenti del corso di fumetto e illustrazione esposte in occasione di BilBolBul – – foto @maninmente

Venti anni fa chiedere ai genitori di potersi iscrivere all’accademia era molto più destabilizzante per le famiglie: oggi invece, a partire dal 2000,  il titolo di studio ha acquisito lo stesso valore legale di una laurea.  Per chi voleva seguire la strada dell’illustratore o del fumettista, all’epoca, mancava pure quella rete che oggi è invece possibile trovare già durante il percorso di studi: per esempio oggi succede che gruppi di studenti che si incontrano a scuola, uniti da interessi ed affinità, si ritrovano a condividere un progetto e creano delle autoproduzioni. Un mercato parallelo rispetto a quello classico, che non dà da vivere, ma che funziona, ed è identico al fare un libro tradizionale col quale le autoproduzioni si pongono sempre più in competezione in modo  concorrenziale. Gli stessi docenti sono un utile riferimento  “della rete” anche per aiutare i ragazzi a non cadere nelle trappole di contatti troppo prematuri con gli editori, col rischio di “bruciarsi” presto o di essere  facili prede di editori senza scrupoli.

libri negli scaffali della libreria di Mattia – foto @maninmente

Cosa guadagna sul mercato un illustratore?

Per un illustratore ci sono 2 possibilità: la prima, consigliata, è il diritto d’autore, meglio se basato su un anticipo non rimborsabile delle previsioni di vendita,  con eventuali royalties alla fine delle vendite, liquidate in  misura variabile nella percentuale del  6 – 8%, in relazione alla notorietà dell’autore ed alla tiratura della pubblicazione.

L’altra possibilità si chiama work made for hire , cioè lavoro in affitto su commissione: funziona con un pagamento a forfait, con diritti ceduti. Viene sconsigliato a meno che non interessi cedere il proprio diritto d’autore.

Si sta inoltre diffondendo la pratica del contratto con anticipo zero che rappresenta un territorio un po’ incerto dove il rischio è quello di non prendere nulla.

Se il lavoro viene realizzato in 2 – redattore ed illustratore – si divide il compenso accordandosi su percentuali variabili tra il 30-70 o il 50-50, in base agli accordi raggiunti.  Nel fumetto tra l’altro c’è chi lo scrive chi lo disegna e chi lo colora e  il compenso si ripartisce tra 3 persone.

Non esiste nessuna agevolazione garantita da albi – inesistenti per la professione – o sindacati. Essendo i numeri della categoria molto ridotti le contrattualistiche sono deboli , senza forza d’urto contrattuale.

Un illustratore può lavorare in diversi settori: dalla scuola, al cinema, al fumetto, ai ragazzi, nella grafica: è un po’ una giungla ma la cosa certa è che dal percorso scolastico non ci si può aspettare un posto sicuro. La scuola  dà gli strumenti ma non ti garantisce il posto soprattutto oggi in cui non esiste posto fisso, in un’epoca che è quella dell’invenzione e del reinventarsi ogni volta

A volte ci sono compromessi, mediazioni, e c’è anche chi tutto questo non riesce ad accettarlo:se si è giunti alla consapevolezza di essere artisti bisogna negoziare anche con la necessità, per mantenersi, di dover fare anche altri lavori riuscendo così a continuare nella propria ricerca.

Sarebbe necessario non cadere nella facile ipocrisia  che parte ancora dalla domanda: cosa fai come lavoro? E’ un passaggio frutto di una visione malata: forse Jannacci era più  cantante o più medico, Paolo Conte, più un cantautore o un avvocato? Henri Rousseau, era gabelliere nell’ufficio comunale del dazio di Parigi, e Vincent Van Gogh vendeva litografie, fotografie, dipinti, ecc. nella filiale dell’Aia della Goupil & Co, nota casa d’arte.

Certe distinzioni non contano. L’artista non è fare un lavoro che appena lo si inizia possa dare immediatamente uno stipendio. 

Con gli occhi un’artista e arte terapeuta

illustrazione di Arianna Papini per la copertina ” Droles d’animaux”

Arianna Papini, nota illustratrice, scrittrice, artista e arte terapeuta, quando mi ha raccontato il suo punto di vista mi ha letteralmente portato dentro alla sua poesia. Una poesia non priva di sano realismo che emerge quando mi dice che

“chi intraprende questa strada non può stare mai un giorno senza disegnare: è questa la scuola fondamentale per l’attività. L’insegnamento può al massimo riguardare il metodo. Alla fine quello che conta è la passione – che deve essere grandissima – conta crederci e conta l’ipersensibilità dell’individuo che è fondamentale. Ma nello stesso tempo conta essere molto forti. Essere resilienti. 

Alla fine l’arte ripaga sempre perché è uno spazio meraviglioso dove si può comunicare con tutti senza nemmeno conoscere l’idioma dell’ interlocutore”.

Ma non si deve mai dimenticare che fare l’illustratore è anche un mestiere e come tale ha un committente – l’editore assieme al suo team – e  quindi bisogna sapersi relazionare con lui, rispettando le regole di lavoro e le scadenze; “l’editore è come un compagno di viaggio in un progetto comune” e l’illustratore non è un artigiano ma un artista con proprie idee che per poter essere applicate hanno bisogno di percorrere una strada insieme  a molte altre persone, con cui  dovrà avere a che fare.

Punto di partenza dell’insegnamento è l’autobiografia. Di solito la maggior parte degli insegnanti si focalizza sui lavori di autori già noti che vengono poi clonati senza che tutto ciò  aiuti l’allievo a trovare la propria identità permettendogli una vera innovazione.  Si insegnano agli studenti questi autori e invece di accompagnarli a trovare se stessi li si indirizza verso la loro imitazione.

L’amore per la lettura è poi un requisito non secondario perché si sarà incaricati di fare copertine di libri e per riuscirci servirà  leggerli più di una volta, magari anche in lingua originale .

Come la vede  l’editore

Per Lina Vergara, fondatrice di Logos edizioni,  una delle più ricercate case editrici di libri illustrati

un bravo artista non ha bisogno di fare la scuola perché quello bravo è quello che si sveglia alla mattina e disegna. Da solo cerca le proprie mete, i propri obiettivi e da solo cerca i suoi riferimenti. Poi la società gli richiede una giustificazione che consiste nella scuola. Pur essendo quella dell’illustratore una professione, l’ artista vero non necessariamente entra nel mondo dell’accademia. Non ha bisogno che qualcuno gli insegni come diventare grande perchè ha già in sé tutta la volontà e l’aspirazione a volerlo diventare.”

L’illustratore, secondo Lina Vergara, è un artista, anzi non fa differenza tra pittore e illustratore.

Strutturare troppo i ragazzi attraverso la scuola a volte appare più una necessità del genitore che vuole educarli a un mestiere piuttosto che una vera necessità. Conta che i ragazzi siano educati a vivere, cioè a saper scegliere una direzione e a portarla avanti con grande impegno e determinazione.

fumetti di Jesse Jacobs nella libreria Mirabilia a Bologna – foto @maninmente

Per concludere

Quando mi sono iscritta al DAMS ho conosciuto moltissimi artisti o aspiranti tali. Persone più o meno strane, a volte anche normalissime, moltissime fragili, la maggior parte di loro quasi inafferrabili. Ne sono sempre stata affascinata: assieme a loro mi ha sempre affascinato l’arte e la figura dell’artista. Anche se quel periodo universitario risale ormai alla “notte dei tempi” ho un ricordo vivissimo di quell’ esperienza: bellissima, nonostante, assieme all’ euforia, si patisse la frustrazione di essere inattivi  proprio in un momento della vita in cui hai talmente tanta energia e voglia di fare che pare assurdo sprecarla così, seduti ad ascoltare i prof e ad aspettare un domani con laurea.

Illustrazione di Laura Aldofredi basata sul libro di Octavio Paz “The Labyrinth of Solitude”

Oggi conosco molti ragazzi, artisti e aspiranti tali. Ne vedo i sacrifici e la dedizione e percepisco chiara la loro sofferenza per l’instabilità che vivono, le loro paure quotidiane, alla  ricerca continua di uno spazio di riconoscimento che a volte parte ahimè proprio da se stessi e che per questo  motivo  sono più esposti alle frustrazioni ed al rischio di non riuscire ad intrecciare il proprio sè col contesto sociale.

“Calati dentro questa ‘economia della promessa”’nella quale combattono per riuscire a sopravvivere, macinando quella frustrazione e quel risentimento che sono all’origine di numerosi casi di una sofferenza esistenziale profonda”. (C. Morini -Doppio Zero)”

Non molto tempo fa ho rivisto  un amico carissimo,  artista e compagno al DAMS, oggi irriconoscibile: ha fallito, troppo fragile, e non è più un artista, ma un disperato.

La realtà è che noi siamo immersi in una società dove il lavoro pervade ogni anfratto della nostra vita. Al di là del puro mantenimento, il vero e unico lume che dovrebbe guidare ogni aspirante artista è quello della parabola dei talenti esortati a  non seppellire il proprio talento solo per paura, ma ad osare a fare frutti.

Solo così potrà liberare  la forza del desiderio, questo motore inarrestabile della vita e del suo rigenerarsi creativo  (come anche si legge nel libro  di Recalcati “contro il sacrificio”).

E’ a tutti questi ragazzi, gli uomini e le donne appassionati,  che dedico le pagine qui scritte. Auguro loro di non buttarsi mai via, di amarsi tanto più di quanto il mondo voglia loro bene. Le passioni che hanno alla fine sono la luce di chi continua a trascinarsi nel grigio di tutti i giorni. Tutti ne abbiamo profondamente bisogno.

Illustrazione di Valentina Salvatico

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CREDITS:

Vorrei ringraziare Valentina, Laura, Noemi e Lorenzo che si sono resi disponibili a mettersi a nudo e raccontarmi le loro storie: mi hanno aiutata a tenere un filo nella concretezza.
Ringrazio Arianna Papini che ho conosciuto come una persona speciale e che riconosco come un’artista straordinaria.

Grazie sicuramente anche ai prof Emilio Varrà e Mario Rivelli che  hanno messo a disposizione il loro tempo per raccontarmi la vita in accademia.

Grazie a Lina Vergara che mi ha accolta nella sua splendida libreria a Bologna: da frequentare!

Per ognuna delle persone qui citate rimando ai link che troverete nella pagina qui: scoprirete quanto c’è ancora e ancora e ancora da sapere!

Conoscere, fare e saper ascoltare: le regole alla Summer School di Alma

Pomodoro cuore di bue presso le coltivazioni del Podere Stuard - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Pomodoro cuore di bue presso le coltivazioni del Podere Stuard – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Voi dovete conoscere la materia prima che utilizzate! Dovete saper distinguere cos’è un pomodoro ‘cuore di bue’ da quello che vi viene rifilato alla rivendita!” : con queste parole lo chef Cristian Broglia, insegnante ad Alma Scuola internazionale di Cucina, fissa nella memoria dei ragazzi che hanno partecipato all’ottava edizione della Summer School, uno dei requisiti fondamentali per una preparazione adeguata al mestiere che eserciteranno: la conoscenza approfondita della materia prima.

Lo chef Cristian Broglia durante la raccolta ortaggi - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Lo chef Cristian Broglia durante la raccolta ortaggi – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Un’esperienza straordinaria per loro, tra i migliori diplomati in Italia negli Istituti Alberghieri, un momento che stimola riflessioni importanti per me.

La scuola, la conoscenza e il fare

D’estate le scuole sono una bella occasione per capire meglio il tema della conoscenza, che è un punto centrale nella modernità.

Preparativi della sala buffet - Alma Scuola di Cucina , Summer School 2015

Preparativi della sala buffet – Alma Scuola di Cucina , Summer School 2015

Una scuola di cucina dovrebbe comprendere anche tutto ciò che è collegato con la sala, il luogo in cui la cena o il pranzo saranno serviti. Quello è una sorta di “palcoscenico” in cui va in scena lo spettacolo del cibo. E gli spettatori sono una popolazione variegata, mediamente non sempre così preparati a capire cosa stanno mangiando, quindi critici inclementi e a volte incompetenti dei piatti serviti. Conoscere quello che viene servito è l’anticamera per apprezzare da ogni punto di vista il pasto che solo da lì in poi potrà diventare un vero momento di piacere. Per questo serve uno chef che sia in grado di preparare cibo “comprensibile”, con materie prime selezionate, attento alla combinazione dei sapori, e per questo servirà anche un responsabile di sala capace di trasmettere al cliente, avventore del locale, il racconto di quanto è contenuto in quel piatto. Il cuoco ne catturerà il palato e il maître di sala, l’attenzione. Un lavoro di squadra che richiede grande sintonia col resto dell’équipe in cucina e con gli addetti alla sala. Un vero e proprio lavoro organizzato, con le dinamiche tipiche della ristorazione, così come lo è il lavoro in azienda col Product Manager (lo chef e lo staff dei collaboratori in cucina) che crea il prodotto e il Direttore Commerciale (i responsabili di sala e i collaboratori in sala) con gli area manager che vendono. Un sistema che in modo analogo ripete attriti ed equilibri dell’ambiente aziendale: la proprietà o la direzione generale devono essere capaci di assicurarne armonia, lavoro di gruppo e sostenibilità economica.

Come in azienda per le diverse professionalità, in un mercato affollato come quello della ristorazione e con una clientela tanto esigente, oggi è fondamentale che ogni addetto del ristorante sia preparato.

Alla Summer School di Alma

Nella giornata trascorsa ad Alma, per vedere cosa succede alla Summer School, ho potuto toccare con mano come si struttura una preparazione qualificata, la stessa con la quale questi ragazzi, futuri chef o maître di sala, ci rappresenteranno nel mondo.

Visita al Podere Stuard - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Visita al Podere Stuard – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Così giovedì siamo andati al Podere Stuard azienda agraria che si occupa di fare ricerca e sperimentazioni a salvaguardia della biodiversità, per la tutela delle specie antiche. Qui ho avuto un assaggio di una formazione in cui la materia è affrontata direttamente lungo tutta la sua filiera. Il passo successivo è stato difatti quello di recarci nella serra di un’azienda agricola locale a raccogliere le verdure per la preparazione della cena.

Vedere nelle proprie mani, parlando direttamente col produttore, i pomodori, i peperoni, le cipolle e le melanzane, è assolutamente un’altra cosa che andare al supermercato o in negozio. Lì tu guardi il prodotto che ti richiama coi suoi colori, la sua consistenza e il suo profumo, lo scegli, lo riponi nel cesto e lo porti via prefigurandoti già come lo utilizzerai e cosa ne farai e quali sorprese ti potrà regalare quando lo lavori. Palpi gli ortaggi con sensi diversi dal farteli servire da un addetto del negozio o incelofanati al supermercato.

Tutt’un’altra cosa. Si tratta di un’esperienza da mettere nel proprio bagaglio culturale perché servirà nella propria vita lavorativa.

Carro di cipolle napoletane all'azienda agricola -  Alma Scuola di Cucina - Summer School 2015

Carro di cipolle napoletane all’azienda agricola – Alma Scuola di Cucina – Summer School 2015

E con il maestro chef non c’è mica tanto da fare i furbi: la divisa deve essere pulita e in ordine, il piano di lavoro altrettanto, serve sapersi organizzare, preparando tutti gli ingredienti necessari, capire le terminologie precise dei tagli delle verdure e dei pezzi di carne, delle loro lavorazioni (es.: tonno di coniglio), delle salse (salsa bearnese, cos’è?) e della pasticceria. Sapere quali coltelli o pentole utilizzare e organizzarsi per mantenere la propria postazione in ordine e pulita. Serve lavorare a stretto contatto anche con tanti altri, in spazi stretti e caldi, senza sgomitare, protestare né fare troppa confusione.

Lo chef Cristian Broglia assegna le preparazioni agli allievi - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Lo chef Cristian Broglia assegna le preparazioni agli allievi – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

E per quanto riguarda gli addetti alla sala, il maître/sommelier, docente per Alma Wine Academy, Roberto Gardini ci dà una dimostrazione di quali abilità servono. Mostra come sbucciare e tagliare con coltello e forchetta la frutta, come preparare alla lampada le crêpes suzettes e la banana flambée, e come comportarsi in sala, con un sorriso sempre disponibile e uno sguardo vigile a servizio del cliente. Questa figura, per preparare la quale è partito quest’anno ad Alma un corso specifico, è il punto di raccordo tra il cibo servito e l’immagine di un ristorante capace di comunicare la propria qualità in modo completo.

Il Maitre sommelier Roberto Gardini mentre dà prova dell'attività di sbucciare e tagliare con cortello e forchetta - Summer School 2015

Il Maitre sommelier Roberto Gardini mentre dà prova dell’attività di sbucciare e tagliare con cortello e forchetta – Summer School 2015

Nulla è dato per scontato perché saper fare è un’attività che non si improvvisa in un contesto dove le esigenze sono elevate e dove le professionalità presenti sono numerose. Saper fare è il frutto di conoscenza ed esperienza di lunga data. La scuola serve anche ad accelerare questo percorso grazie soprattutto all’esempio ed all’esperienza che i maestri possono trasmettere.

I ragazzi al lavoro per la preparazione della cena - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

I ragazzi al lavoro per la preparazione della cena – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Forza di volontà, autodisciplina, resistenza alle fatiche ed al sacrificio: non sono elementi che tutti si sentono disponibili a sostenere.

Fare cucina, come tanti altri lavori che hanno a che vedere con la manualità, non è un mestiere per tutti. Non è solo spettacolo, anche se preparare uno spettacolo teatrale per esempio richiede studio, preparazione, attitudine alla recitazione e sacrificio. E lo spettacolo a cui assiste il consumatore andrebbe per questo essere raccontato anche nella sua preparazione dietro le quinte perché solo così il consumatore può essere messo in condizione di capire cosa sta approcciando.

Pausa pranzo alle 14 in cucina  - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Pausa pranzo alle 14 in cucina – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

E il cliente?

Ma il cliente che siede al tavolo è in grado di leggere tutto questo? Dall’esperienza sensoriale del piatto che gusta davanti a sè, all’atmosfera dell’ambiente della sala con gli arredi, il profumo e il sottofondo acustico, fino al racconto del maître-sommelier – figura poliedrica, con competenze diverse – da tutto ciò dipenderà la buona riuscita del pasto e il suo apprezzamento.

Il menu della cena del 6 agosto - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Il menu della cena del 6 agosto – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Non si può essere solo e sempre consumatori compulsivi che, acquistato qualcosa, necessitano immediatamente dopo ancora di qualcos’altro per soddisfare una brama insaziabile di possesso. Anche il cliente deve essere educato e lo si può fare raccontandogli cosa fa chi produce, rendendolo consapevole della sua avventura.

Con onestà ed autenticità, per recuperare le radici dei gesti che facciamo, le origini del piacere.

Il “fare” nella scuola

L’esperienza che ho letto nelle facce dei ragazzi davanti a chi spiegava in modo didascalico era inizialmente quella di subire passivamente la lezione ma subito dopo le loro facce cambiavano quando li si metteva direttamente all’opera, coi prodotti, con le mani, con il fare.

I ragazzi durante la visita al Podere Stuard - Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

I ragazzi durante la visita al Podere Stuard – Summer School 2015 di Alma La Scuola di Cucina

Quando la scuola si apre al paradigma del lavoro nella didattica, essa utilizza un metodo che porta al centro dell’attenzione il rapporto con la realtà. E poiché il lavoro è guidato in prevalenza dall’esperienza, di cui il pensiero è la sintesi successiva, è più difficile manipolare gli alunni al volere dei maestri, quindi sarà più facile lasciare maggior spazio alla creatività individuale.

Il lavoro artigianale, fatto “a regola d’arte”, è l’anticamera per arrivare alla bellezza in modo esperienziale, come risultato del lavoro delle mani sulla materia prima. Questa stessa esperienza è il modo più semplice per comprendere anche la bellezza di una poesia, o di un testo letterario, o di un dipinto o di un’equazione matematica, perché ci introduce al lavoro intellettuale attraverso l’ esperienza reale.

Reggia di Colorno sede di Alma Scuola di Cucina - Summer School 2015

Reggia di Colorno sede di Alma Scuola di Cucina – Summer School 2015

La scuola deve essere un luogo dove il “come si fa” spalanca a domande sul “perché si fa”, dove ”il fare” è il luogo “drammatico” del rapporto con il significato delle cose e quindi il palcoscenico per una maturazione vera dei ragazzi, dei cittadini.

Voglio una scuola così.

La scuola delle favole, il suo maestro-artigiano e il corso di stop motion.

Il portone d’accesso.

“Non aprite quella porta” titolava una serie di film horror. A dispetto del titolo cinematografico, non è detto che dietro un uscio si nascondano sempre realtà scomode. Anzi, lo sguardo sullo spaventoso/inguardabile può rivelarne lati nascosti e renderci anche gli unici custodi di quel segreto.

portone d'ingresso di Palazzo Compagnoni Marefoschi- Macerata

portone d’ingresso di Palazzo Compagnoni Marefoschi- Macerata

Dietro questo portone, in via Don Minzoni, a Macerata, nello storico Palazzo Compagnoni Marefoschi, c’è un’antico scalone in pietra dal quale si arriva al primo piano, in una delle più famose scuole di Illustrazione d’Italia. Già il nome è l’anticipazione di un programma: Ars in Fabula alias la Fabbrica delle Favole.

Guai piuttosto a non aprirla quella porta! Chi entra in uno dei corsi di questa scuola – i cui ambienti sono un invito ad iscriversi – è senz’altro una persona dotata di creatività, immaginazione, mano sicura e senso estetico: gli ingredienti base di chi sa disegnare, anzi, creare.

La scuola: la fabbrica delle favole.

Primo piano, pianerottolo ingresso Ars in Fabula - Palazzo Compagnoni Marefoschi- Macerata-

Primo piano, pianerottolo ingresso Ars in Fabula – Palazzo Compagnoni Marefoschi- Macerata-

Ars in Fabula è una scuola di illustrazione specializzata nell’editoria per ragazzi. Come già detto, il talento da solo non basta: la scuola specializzata, coi suoi maestri esperti, può insegnare tecnica, competenze organizzative, gestionali e narrative. Quanto serve per fare il mestiere. Qui insegnano illustratori professionisti di livello internazionale, e qui ha luogo uno degli unici master accademici riconosciuti dal MIUR in illustrazione editoriale. Un master-lavoro durante il quale ogni allievo si dedica ad un progetto-libro assegnato dagli editori in partnership con la scuola. Il master si conclude con l’eventuale pubblicazione del libro realizzato, siglando un contratto con l’editore committente.

Durante l’estate, Ars in Fabula si trasforma in Summer School e propone corsi di basic design e di visual style.

Ma quello che vorrei raccontare qui è il corso di Stop Motion: un corso di tecniche base di animazione, della durata di una settimana, condotto dall’artista-regista Stefano Bessoni .

La stop motion.

Cos’è la stop motion? A detta del suo stesso massimo esperto nazionale, nonché insegnante, Stefano Bessoni, la stop motion ha a che fare con i laboratori di artigiani-alchimisti che, grazie soprattutto al successo delle produzioni del regista Tim Burton, negli ultimi anni hanno avuto la possibilità di uscire alla ribalta, fuori dagli “scantinati” dove inventavano i loro pupazzi e le loro storie.

La stop motionè una tecnica cinematografica di animazione caratterizzata dalla possibilità di scattare fotogrammi singoli, uno alla volta (…) che, rivisti alla giusta velocità di scorrimento, permetteranno il movimento del soggetto inquadrato, creando la fantastica illusione di aver preso vita” (dal libro “Stop Motion – La fabbrica delle meraviglie” di S. Bessoni).

I film che l’hanno portata alla ribalta negli ultimi anni sono Box Trolls, Frankenweenie, Coraline, Nightmare before Christmas, Wallace and Gromit: la maledizione del coniglio mannaro, e Paranorman. Tutti film di animazione che piacciono anche agli adulti amanti del genere.

Stefano Bessoni - foto Ars in Fabula - luglio 2015

Stefano Bessoni – foto Ars in Fabula – luglio 2015

E’ a  Luglio che ad Ars in Fabula Summer School, si tiene il corso di stop motion. Stefano Bessoni, oltre ad essere artista e regista è anche un famoso illustratore. Famosi i suoi recenti libri  Pinocchio o Alice sotto terra. I suoi personaggi sono amatissimi perchè rappresentano figure non imbellettate non ammiccanti. Anzi, sono piuttosto figure dissacratorie, che aiutano ad esorcizzare le paure. Personaggi ossuti, spesso simili a morti viventi, persi in questo mondo difficile e complicato, coi loro occhi sbarrati, dalle coloratissime apparenze, vividi, con quell’aria così sognante, sempre alla ricerca di qualcosa di più bello.

Sognatore – nel senso più immaginativo e creativo del termine – è anche lui. Una persona che spicca per modestia e capacità di mettersi al pari dei suoi allievi, e per saper ricreare per loro, in aula, un’atmosfera divertente. Tutto quello che di solito manca a scuola o al lavoro.

I ragazzi incontrati qui al corso provengono dall’ accademia di belle arti o comunque, quando non arrivano dal mondo del disegno, hanno per esso una passione speciale. E tutti conservano quella faccia da bambino che guarda al mondo con lo stupore un po’ “infantile” di chi sembra sempre alla scoperta di tutto.

Le tappe del lavoro.

Prima di procedere con l’animazione – l’essenza della stop motion – è necessario creare il proprio burattino che rappresenta la materia prima del lavoro filmico.

Partendo dalla progettazione su carta del proprio personaggio, se ne verifica la fattibilità e la nebulosa di idee che ribolle nel cervello verrà così finalmente tradotta in un oggetto definitivo e concreto.

Quindi si procede con la realizzazione dello scheletro, la base su cui costruire il corpo del soggetto. I materiali disponibili sono diversi e variano anche in relazione ai volumi ed alla parte da realizzare: si valuterà l’ espressione da attribuire al viso, alla bocca e agli occhi, la mimica delle mani e degli arti  Infine, bisognerà dipingere il corpo e il viso e cucire gli abiti che il burattino indosserà.

Pronti per “animare”.

Attraverso l’abilità delle mani e la conoscenza dei materiali utilizzabili si potrà trasferire l’ idea del personaggio nel pupazzo finale restituendo al mondo quello che prima si era solo immaginato.

Se all’immaginazione non corrisponde tecnica, pratica e consapevolezza, il lavoro sarà sicuramente molto più complesso.

There’s something magical -almost alchemical- in the Stop Motion Animation world: the animation can give a chance to a concept which at the beginning exists just in the animator’s mind. After a tiring and long work that precise concept becomes concrete and real as a puppet. And then it can take its own ransom moving and becoming alive.

When I saw Ada moving on the screen for few seconds I felt all the magic behind this crazy process. All my tiredness was repaid with satisfaction and happiness.”

Così Laura, illustratrice per bambini e allieva al corso di luglio, nel suo blog a fine corso.

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al pc per l’animazione – Corso di Stop Motion con S. Bessoni – Summer School Ars in Fabula – Macerata – Luglio 2015

Carmen, una ragazza che nel lavoro si occupa di grafica, mi ha riferito che tutti hanno molto apprezzato il corso di stop motion soprattutto perché si è appresa una tecnica. Rientrati a casa si potrà sperimentarla e cominciare fin da subito a realizzare qualcosa. Imparare a FARE: questo è l’aspetto più apprezzato.

Ma ancora: il corso è stato un successo perché stimolante – “ti fa venire voglia di provare e di continuare ad apprendere altri segreti della tecnica” mi dice Carmen – e “ci ha dato l’opportunità di incontrare persone interessanti con cui confrontarsi”. E soprattutto “l’aula è stata uno spazio non competitivo“, un luogo giocoso di apprendimento e di divertimento insieme. Quello che servirebbe sempre.

Le magie che accadono.

Una magia che comincia dal portone fin nell’ingresso della scuola e prosegue col suo maestro e i risultati del corso.

un progetto di Mattia per il corso di Stop Motion - Summer School Ars in Fabula - Macerata - Luglio 2015

un progetto di Mattia per il corso di Stop Motion – Summer School Ars in Fabula – Macerata – Luglio 2015

Ma la magia non consiste solo nell’alchimia del movimento del burattino. Quando con le proprie mani si riesce a svelare nell’oggetto creato la propria natura, ci si rivela nella propria essenza di artefice.  La relazione tra ciò che appare dell’individuo creatore e ciò che è realmente, si chiarisce al mondo.

Timidi, o a disagio, incompresi o anche disabili (l’Atelier dell’errore è emblematico al riguardo), tutti hanno un talento. E’ fortunato chi ha doti spiccate e méntori al proprio fianco perchè riuscirà a spianarsi la strada prima ed a crescere presto per  “volare” lontano.

Tuttavia spesso queste sono porte che non sempre è conveniente nè facile aprire, perchè faticose e impegnative. Solo gli insegnanti, i genitori, gli amici, possono sollecitare gli spiriti creativi nei loro talenti. Possono spendersi per seminare le loro conoscenze ed i loro stimoli e vederli poi ricrescere rinfrescati nelle persone che hanno un talento. Questa è la creazione più importante che potranno compiere, per sè, per gli altri e per tutti.

Abbiamo bisogno di liberare energie creative senza temerne la forza, senza dover pensare se daranno un lavoro o meno, perché è dalle nuove idee che nascono nuove opportunità.

pupazzo realizzato al corso di Stop Motion con S. Bessoni - Summer School Ars in Fabula - Macerata - Luglio 2015

pupazzo realizzato al corso di Stop Motion con S. Bessoni – Summer School Ars in Fabula – Macerata – Luglio 2015

(P.S.: qui il video del lavoro di Box Trolls)