La città, i burattini, i suoi musei….e la sua gente

“Giochiamo a fare la parrucchiera?” o ”a fare il dottore?” Chi non lo ha mai detto da piccolo? Il gioco del “far finta” lo riscopriamo però senza pudori anche da adulti nel teatro dei burattini.

Che senso ha oggi un burattino e qual’è il valore del “teatro delle figure animate” per noi?

Una vasta letteratura illustra ed approfondisce il contenuto pedagogico dei “cento linguaggi dei bambini. A Reggio Emilia in particolare, il riferimento immediato corre all’esperienza di Loris Malaguzzi e di Reggio Children (se ne è parlato anche in queste pagine). L’ esperienza del “Laboratorio di animazione permanente Gianni Rodari” di Otello Sarzi e Mariano Dolci ha rappresentato la risposta concreta alle domande sopra.

Le mani di Otello Sarzi

Le mani di Otello Sarzi

Nella pratica delle mani che danno vita ai burattini è contenuta tutta l’espressività del corpo impegnato sulla scena a “fare finta che”. Per i bambini è il gioco più bello e antico del mondo che li aiuta ad esprimersi e rappresentarsi. Credere che ognuna delle diverse figure dello spettacolo, che si agitano con la stessa voce pur in personaggi distinti, sia reale, li aiuta a recupera tutte le paure e le emozioni, anche se la finzione è palese. E intanto si crea ordine.

Otello Sarzi

Otello Sarzi, ultimo, con la sorella Gigliola, di una famiglia centenaria di maestri burattinai, è il realizzatore ed innovatore negli anni ’60-’90 del teatro delle figure animate, ed il fondatore, a Roma negli anni ‘60,  del Teatro Sperimentale dei Burattini. Costruire burattini e metterli in scena ha rappresentato tuttavia solo una parte del suo lavoro. Riconosciuto come uno dei più grandi creatori e sperimentatori di nuovi linguaggi, Otello Sarzi è il primo in Italia ad adottare nuove forme e modalità di manipolazione delle figure animate, e lo ha fatto esplorando il potenziale espressivo di materiali nuovi ed eterogenei come il lattice, la gommapiuma, il metallo e gli oggetti di recupero.

Di tutto questo resta un’importante documentazione a Reggio Emilia nella Casa dei Burattini della Fondazione Sarzi.

La Casa dei Burattini della Fondazione Sarzi

La Casa dei Burattini è una Casa-Museo collocata in Via del Guazzatoio. Lo spazio è piuttosto defilato: serve buttarci un occhio quando si è nei paraggi, perché altrimenti si rischia di passarci davanti senza distinguerla. Ma se ci si entra è come fare un salto dentro un altro mondo: assieme alla storia di un uomo e dei suoi burattini è possibile leggere ed interpretare la storia di un periodo culturale del territorio locale.

La prima stanza a cui si accede nella Casa-Museo è quella del teatrino: lì ci sono sia le figure tradizionali, tipiche di queste zone (Fagiolino, Balanzone, Sandrone) che i personaggi della Commedia dell’Arte (Brighella, Arlecchino, Pantalone). Ad Isabelle Roth, moglie di Otello e Presidente della Fondazione, spetta mettere in scena da sola gli spettacoli, in programma nei week end.

Le dimensioni limitate dello spazio a disposizione producono una piacevole cornice intima, sia per i piccoli spettatori che per l’attore: i bambini difatti possono avvicinarsi per toccare i burattini e interagire con loro durante la rappresentazione. Una zona franca, altra cosa del cinema dove lo “ssshht” del pubblico degli adulti mette spesso fine ad ogni libertà di partecipazione.

Nella sala successiva della Casa dei Burattini sono raccolti alcuni degli allestimenti sperimentali di Otello Sarzi, databili tra il 1960 e il 1985. In realtà si tratta solo di una parte dell’intero fondo che conta circa 3000 pezzi.

Dopo il Teatro Sperimentale di Burattini e Marionette di Roma, Otello ripropone a Reggio Emilia negli anni ’70 il Teatro Setaccio: lì faranno tappa molti giovani venuti “a bottega” dal maestro burattinaio e dalla sorella Giliola per imparare il mestiere. Tra i gruppi teatrali “nati dalla bottega” c’è il Teatro delle Briciole di Reggio Emilia (dal 1981 a Parma), il Teatro Mangiafuoco di Milano e il Teatro Tages di Quartu S. Elena.

E oggi?

Alla Fondazione oggi servirebbero fondi per valorizzare l’attività del museo e continuarla, recuperando anche il resto della collezione. I finanziamenti consentirebbero sia di animare continuativamente la Casa Museo, con figure professionali dedicate, sia a sostenere il costo dell’ affitto degli spazi occupati.

Testa di burattino creata da Otello Sarzi

Testa di burattino creata da Otello Sarzi- Casa dei Burattini di Otello Sarzi

Se poco o tanto ci interessano questi burattini una colpa ce l’ha anche il web. In quanto spazio virtuale, frequentato ormai massivamente, la rete rischia di rubarci il lato immaginativo e insieme reale del comunicare tra noi. Può togliere – se fruita in modo “maniacale”- la possibilità di avere altre occasioni di gioco. Il web poi, per il suo lato fortemente conformista, può manipolare nei giovani ragazzi quel sano e personale sviluppo della capacità di relazione.

Anche per questo la Casa dei Burattini della fondazione Sarzi è un patrimonio da tutelare.

Serve intervenire e partecipare

Perché allora ci si scorda che esiste un mondo ricchissimo nelle nostre piccole città e nella stessa provincia? E’ ad esso che si dovrebbe fare riferimento quando si progettano eventi come quelli di Expo, che nulla avrebbero di irraggiungibile se non il mancato appello rivolto a tutti i presenti. Coinvolgere i protagonisti “minori” sul territorio, facendoli emergere dall’oblio in cui sono relegati da chi non li conosce o non li considera tra le “scelte strategiche” sarebbe un’opportunità per tutti.

Quali logiche impediscono di fare tavoli insieme? Potrebbero le istituzioni (associazioni rappresentative di una categoria, enti locali e/o statali, ecc.) sedere con chi agisce nel territorio come attore di un’attività di tradizione (i restauratori sono un esempio), da tutelare, per fare qualcosa presto e subito? Expo poteva essere un’occasione. Se qualcosa non è stato fatto sarebbe utile che l’esperienza aiutasse a rimediare agli errori ed alle omissioni per le prossime occasioni. Insieme.

Anche la Casa Museo della Fondazione Sarzi poteva essere un’occasione da valorizzare e da inserire in un circuito di iniziative. Insieme ad altre. Come esperienza di museo diffuso. A vantaggio dell’autorevolezza di un territorio che si riconosce dalle e nelle persone che lo hanno percorso e che oggi lo animano, con le loro opere e la loro attività.

Speriamo allora nella prossima “fermata”?

“Razza Umana non Robot” – parole di Dario Fo per Otello Sarzi

Tour emiliano tra burattini e burattinai.

Il tour.

Pensare ad un viaggio di piacere in Emilia può sembrare improbabile. Eppure lì sono numerose le mete ricche di sorprese, se ci si lascia sedurre da un certo suo fascino.

Un tour inusuale e un po’ speciale potrebbe essere quello in visita ai musei dei burattini.

Mappa dei musei e dei fondi di burattini in Emilia Romagna- IBC E-R. cd."chi è di scena"

Mappa dei musei e dei fondi di burattini in Emilia Romagna- IBC E-R; fonte: CD : “Chi è di scena” 2009

Se capitate al Castello dei Burattini – il  Museo “Giordano Ferrari” di Parma – sarà impossibile non cogliere in quell’allestimento l’ amore del suo padre fondatore, il burattinaio parmigiano Giordano Ferrari, o meglio, sarà impossibile non percepire la pienezza di quella vita dedicata alle “teste di legno”.

La sua appassionata dedizione al mestiere si ritrova nelle sue stesse parole riportate nel cartellone che accoglie i visitatori all’ingresso: Ferrari le dedica ai burattinai, perchè “non vada perduto il ricordo di tutti i colleghi e i nuclei familiari che lottarono contro la miseria, le tribolazioni, con poche gioie e molti sacrifici per conservare e migliorare quest’arte nata, io penso, con l’uomo e donando ad essa, con semplicità, tutta la vita.” (foto)

In giro per le strade, nei mercati e nelle piazze delle città, i burattinai erano i cantautori, gli sceneggiatori teatrali, gli autori e i giornalisti dell’epoca, i comunicatori e gli artisti di strada di oggi, impersonati tutti in un’ unica medesima figura.

E l’Emilia Romagna rappresenta la terra dove, tra la fine del ‘700 e i primi dell’800, nasce e si sviluppa il maggior numero di burattinai. Due sono le scuole più famose che qui hanno origine: quella bolognese e quella modenese. Due saranno i diversi approcci che le distingueranno, in quanto riferiti ai diversi assetti politico-istituzionali dell’una e dell’altra sede (Bologna, Ferrara e la Romagna sono sotto lo Stato Pontificio, Modena, Reggio, Parma e Piacenza, sono invece Ducati).

I burattinai.

Veduta di Piazza Maggiore Bologna con casottino di burattini; sec. XVIII - Collez. Fondaz. Cassa Risp. BO

Veduta di Piazza Maggiore Bologna con casottino di burattini; sec. XVIII – Collez. Fondaz. Cassa Risp. BO

Già a partire dal 600-700 tutti i burattinai, chi più o chi meno con consapevolezza o con ingenuità, si facevano portavoce dei sentimenti popolari e del malcontento della gente.

Insieme alla gente condividevano riso e pianto, trasmettevano nelle piazze e nei mercati la loro satira politica e le notizie locali, e in tal modo ne diventavano i principali diffusori.

Il teatro dei burattini si esibiva in spettacoli sempre all’aperto, ed era un mestiere che aveva bisogno di spostarsi nelle diverse località, per produrre. Le sue rappresentazioni si basavano principalmente sulla parola, spesso sboccata e volgare, e quindi più esposte alla censura delle autorità.

Le maschere.

Dentro al Museo tantissimi sono i personaggi che si incontrano: le “maschere senza maschera” – cosiddette per contrapporle alle tipologie della Commedia dell’Arte (Arlecchino, Pulcinella,Brighella, Pantalone, ecc.) – ognuna tipicamente legata al territorio d’origine o alla scuola di riferimento.

Fagiolino - foto del Castello dei burattini di PR

Fagiolino – foto del Castello dei burattini di PR

Fagiolino è originario della zona allora più povera e malfamata di Bologna, Via del Pratello, dove bazzicavano delinquenti e prostitute: è impertinente, sboccato, vive di espedienti ma usa il bastone per difendere i più deboli. Sogna tagliatelle e giustizia per tutti.

Sandrone - Castello dei burattini PR

Sandrone – Castello dei burattini PR

Sandrone, personaggio ignorante ma furbo  di Modena, è un contadino di mezza età, ha un certo buon senso ma fuori dal suo ambiente combina solo pasticci. Dal 1846 diventa la  famiglia Pavironica, con la moglie Pulonia e  il figlio Sgorghiuelo.

Nel museo non poteva mancare il carattere parmigiano  diBargnòcla maschera Castello dei Burattini di PR

Bargnòcla – Castello dei Burattini di PR

Bargnòcla. Ispirato al calzolaio Vladimiro Valesi (o Favalesi), abitante dell’Oltretorrente (antica zona di Parma), deriva il suo nome dal grosso bernoccolo che ha sulla fronte  e che lui sostiene essere una “voglia di osso di prosciutto”. Non poteva quindi che essere simbolo di uno spirito gaudente, amante del cibo e del vino, dal carattere gioviale, sarcastico e polemico. Nel museo sono esposti diversi Bargnòcla che ne documentano l’evoluzione del carattere.

Bargnòcla - Castello dei Burattini PR

Bargnòcla – Castello dei Burattini PR

Gli spettacoli del teatro delle figure animate – quello dei burattini in particolare – sono tutti comici e i loro intrecci si basano sul conflitto. Si tratta di un tema vecchio come il mondo che mette in scena i litigi, i battibecchi e le invidie dei personaggi, ognuno intrappolato nella sua quotidiana lotta contro le ingiustizie, la miseria e la fame.

E il burattinaio, attraverso i suoi burattini, spesso non si esimeva dal dire la sua su tutto questo.

 Un mestiere dalle tante facce.

Il mestiere del burattinaio era meno oneroso di quello del marionettista e ciò lo ha reso un’attività più diffusa : non necessitava di strutture complesse nè di molte persone. Ne bastavano 2, attrezzate con la “muta”, cioè di tutte le teste di legno che servivano per gli spettacoli in repertorio.

Romano Danielli con Fagiolino e Sandrone - Foto IBC E-R

Romano Danielli con Fagiolino e Sandrone – Foto IBC E-R

Fare il  burattinaio tuttavia non significava solo metter in scena una rappresentazione: a volte,  quando non faceva ricorso ad intagliatori, ebanisti e scultori ( per es.: Enrico Frabboni, o Antonio Saccomanni di Lendinara intagliatore) che producevano i pezzi in sua vece, era lui stesso l‘intagliatore delle teste di legno della sua muta. Ne era anche il decoratore dei visi e il sarto produttore dei costumi.

Oggi.

Oggi di tutta questa tradizione è rimasta una  flebile traccia: i nuovi media, televisione, cinema e  web hanno il predominio sui ritmi e sugli spazi dello spettacolo e della comunicazione.

Ma sia chi si è guardato negli anni ’70 Topo Gigio o negli ’80 i Muppets Show, sia chi oggi guarda al cinema film d’animazione, come Box Trolls o Coraline, animati con la tecnica dello Stop Motion, non può dimenticare che si tratta dei pronipoti di quel mondo più lento ma lo stesso non meno fantastico dei burattini e delle marionette. Quel mondo ha avuto sviluppi e trasformazioni importanti il cui senso e la cui evoluzione conta anche per le tecniche future.

E fa piacere però sapere che ancora oggi sono rappresentati spettacoli bellissimi. Segnalo qui quelli del Teatro Gioco Vita di Piacenza (e non solo) che con nuove tecniche, nuovi linguaggi e rinnovate suggestioni riescono a far sognare non solo i bambini ma anche i grandi.

 

 Si ringrazia la dr.ssa Micaela Guarino di IBC Emilia Romagna per le preziose fonti che mi ha fornito per documentare questo articolo e si ringrazia IBC E-R per conservare, catalogare, restaurare e aver cura di questo patrimonio unico che possiamo così raccontare per raccontarci.