C’era una volta uno spazio, appiattito lungo le paludi della Bassa Reggiana. Un posto dove la gente poteva anche morire d’inedia o per gli acquitrini intorno. Lì – e precisamente a Gualtieri – comincia la storia del Teatro Sociale , un racconto da conoscere perchè ricco di belle storie, di persone attive e di bei finali a sorpresa. E’una storia da raccontare perchè il Teatro di Gualtieri è un teatro magnifico, un luogo davvero particolare: non finito, diroccato, spezzettato in tanti spazi. Un luogo unico e suggestivo.
Devo per forza cominciare da qui – primo di due articoli – per dare un’idea completa di questa splendida realtà della Bassa Reggiana. Una terra tormentata prima dall’acqua delle paludi e poi, in anni più recenti, dal terremoto del 2012.
Per vederlo dal vivo ed ascoltare la sua storia dentro ai suoi muri, e con le parole di una sua mur-attrice, ho approfittato della due giornate – “a scena aperta” – che IBC Emilia Romagna ha organizzato con l’apertura al pubblico dei teatri storici della regione.

la mur-attrice Carla che accompagna le visite durante “A scena aperta”
L’“incontro” col teatro di Gualtieri ha un duplice effetto: subito l’edificio fisico, “teatrale”, imponente da fuori e grazioso e duro dentro, ingombra la vista. E’ integro nella sua versione originaria, non manipolato cioè con interventi di recupero invasivi; si presenta coi suoi anni (anzi secoli, ormai) e le sue cicatrici, senza nessun artificioso make up. Poi quello spazio si fa teatro anche dentro di te, perché esagera. Un po’ come le contraddizioni della Palermo barocca, devastata dall’incuria e dalla cementificazione, ma così passionale nelle sue contraddizioni da non poterti lasciare indifferente. E’ un luogo che “appare come se fosse stato sventrato da un bombardamento in tempi di guerra”.
L’edificio dove nascerà il Teatro di Gualtieri è Palazzo Bentivoglio, una fortezza del 1600 voluta da Cornelio e Ippolito Bentivoglio per ospitarvi la famiglia con la sua corte. Ma se l’idea originaria era quella di offrire una splendida magione ai suoi residenti, dal 700 quell’edificio subisce il tragico destino delle vittime delle scorrerie di guerra: segnato dai vandalismi, spogliato di tutto e quindi ridotto ad alloggio delle milizie di passaggio.

la platea e il palcoscenico dai palchi del teatro
Nel 1750 interviene il Comune che lo acquista per farne il palazzo comunale e metterlo così al servizio della comunità locale. Ma l’acqua incombe sempre minacciosa sulla zona e per controllarla si sacrifica una consistente porzione dell’edificio destinandola agli argini (i “pennelli frangi-corrente”) di protezione dal fiume.
Il palazzo, pensato originariamente come dimora privata, entra nella mano pubblica e, guarda caso, si trasforma nell’abitazione del medico condotto e del chirurgo e “somministra i comodi per la pesa, per il macello, per il dazio della ferma, salina e grani per le sue moliture, e quartiere alla guardia della ferma, oltre i magazzini inservienti ai bisogni pubblici”.

il fronte del teatro di Gualtieri
Poi finalmente arriva l’architetto Giovan Battista Fattori che, oltre ad intendersi di edifici, è un appassionato di teatro e guida un gruppo di attori dilettanti. Sarà lui che nel 1775 trasformerà le stanze adibite ancora ad alloggio del medico e del chirurgo nel piccolo Teatro Principe. Tutto ciò col beneplacito e la gioia della comunità che benedice l’iniziativa in quanto fonte di occupazione e impiego della gioventù dell’epoca. Lì immagina solo “ onesti divertimenti e per istruirla e renderla vantaggiosa e liberarla dall’ozio in certi tempi dell’anno “.
Ma nella lunga serie di eventi che si succedono nella storia non poteva mancare l’ incendio fatale, la causa della rovina del teatro che dopo 99 anni di attività è costretto a chiudere.
Passano gli anni fino al 1905 e l’amministrazione comunale riabraccia finalmente l’idea di recuperarlo ed ampliarlo. Ma ormai lo sanno già tutti come va a finire perchè i fondi a disposizione non bastano per sostenere l’impegno economico dell’intervento.
Allora chi arriva? Nessun paladino ma solo chi crede nell’iniziativa, cioè i futuri proprietari dei palchi. Saranno loro ad intervenire in soccorso del teatro fondando nel 1905 la Società Teatrale i cui fondi versati a pegno dell’acquisto dei palchi di primo e secondo ordine permetteranno di contribuire con circa 2.000 lire sulla spesa totale di 25.000 per il recupero del teatro.
Questa sarà la prima manifestazione della “socialità” del teatro di Gualtieri: gli spettatori, i cittadini che vogliono lo spettacolo coi suoi divertimenti, si fanno promotori dell’iniziativa che lo riporterà in vita.
E’ il 1907 quando riapre i battenti il nuovo teatro: torna la ludica vitalità delle scene in queste lande piatte. Ma poichè già dal 1907 non di sola cultura ci si può divertire, il teatro diventerà anche la sede di feste da ballo e di veglioni di un gruppo di giovani operai – quelli della Palanca Sbusa (il soldo bucato, cioè senza valore alcuno) .

affresco nel soffitto del retropalco del teatro
La storia va avanti e altri divertimenti si fanno strada: negli anni ’30 all’attività teatrale si aggiunge quella cinematografica grazie all’acquisto di un proiettore. Il teatro di Gualtieri diventa così un centro per il divertimento di tutta la popolazione della Bassa Reggiana. L’attività è frenetica fino a quando non viene messa in crisi definitivamente dall’avvento del cinema.

proiettore Fedi utilizzato per le pellicole del cinema
Sono gli anni ’70 e nel Teatro Sociale di Gualtieri le proiezioni cinematografiche sostituiranno man mano la produzione teatrale con pellicole perlopiù a luci rosse.
L’avvento del cinema domestico, dispensato comodamente a casa da un apparecchio televisivo, segna l’ennesima svolta storica del teatro.
Così arriva il 1979, anno che decreta definitivamente la chiusura del teatro per i seri problemi strutturali manifestati dall’edificio. Si iniziano interventi di recupero che tuttavia non vengono mai completamente conclusi a causa dell’annosa scarsità di fondi per la cultura.
L’ultima decadente attività di cui si fa sede il teatro riguarda l’accoglienza di allestimenti di presepi natalizi.

nelle stanze del teatro dedicate agli alloggi per gli attori
Finalmente è il 2005: è l’anno in cui un gruppo di ragazzi ventenni viene folgorato da questo spazio grazie alle indicazioni di un’amica, coinvolta nei precedenti lavori di consolidamento. Indignata per l’abbandono in cui si è impaludato, riesce a trasmettere agli amici un sogno che diventa un obiettivo comune e rianima di vita quel luogo. Diventa una scommessa: quella di riuscire a recuperare un teatro di memoria storica e di poter esprimere una passione per la sua scena.

nelle stanze del teatro dedicate agli attori
Così, se per concretizzare un sogno occorre rimboccarsi le maniche, questi ragazzi si alambiccano tra soluzioni creative e mandopera faticosa. Grazie a loro, giorno dopo giorno, il teatro ritrova la sua luce, sia come spazio fisico che come luogo di spettacolo ed eventi teatrali. Una manodopera faticosa perché questi ragazzi – su tacito accordo dell’amministrazione comunale – spalano carriolate di detriti e rimettono a nuovo gli spazi, pensando, scrivendo e provando contemporaneamente idee da metter in scena. Il tutto con mur-attori, cioè attori, muratori e quant’altro serva per far rivivere questo storico spazio di cultura e spettacoli.
un momento di “cantiere aperto” (foto dal sito del Teatro Sociale di Gualtieri- di Nicolò Cecchella )
La messa in scena che rompe qualsiasi argine di anonimato e di “clandestinità cittadina” in cui stava vivendo il loro “sotterraneo lavorio”, si recita nell’estate del 2006, con l’asta pubblica a cui sono invitati tutti: volantini sparsi nel paese convocano gli abitanti di Gualtieri per assistere alla pubblica vendita del loro stesso teatro.
Partecipano tutti, scandalizzati dall’evento, per impedirne la vendita. La generale mobilitazione della cittadinanza, ignara di stare partecipando in realtà ad uno spettacolo, sortisce l’effetto di risvegliarne le coscienze perché i cittadini convocati si percepiscono stavolta come i legittimi proprietari ma soprattutto perché vengono stimolati a sentire la propria responsabilità nei confronti dei pubblici beni del loro territorio.
Dentro allo spettacolo intervengono 300 persone che simbolicamente accolgono i personaggi delle arti (pittura, scultura, letteratura, poesia e danza) e abbattono il muro che barrica le porte del teatro. Una chiara e cosciente ribellione alla sua vendita.

manifesti sui muri del Teatro di Gualtieri
Da quella data cominciano i lavori di restauro svolti in forma di totale volontariato, con l’impegno sottile ma coraggioso dell’amministrazione comunale che ha scommesso sui sogni di questi ragazzi appassionati. Si parlerà così di “cantiere aperto” ed il teatro si modificherà sotto le loro mani. Il pubblico stesso , da quella sera, da beneficiario passivo dello spettacolo, diventerà contributore responsabile, con il proprio lavoro, della rinascita del teatro.

la platea e il “palcoscenico” visti dai palchi
Ma nella storia ci sono anche eventi imprevisti come il terremoto del 2012 che assesterà una battuta di arresto ai lavori. Non sarà tuttavia un deterrente alla voglia di quei ragazzi – ora costituiti in un’Associazione – di fare. Con la rassegna “teatro in rada” verranno portati sul palco una serie di eventi per coinvolgere il pubblico nei lavori di consolidamento. I numeri dimostrano a sufficienza la situazione: 250 tonnellate di terra e calcinacci rimossi con badili e carriole, 120 mq di pavimento storico restaurati centimetro per centimetro. Quasi 50 serate di lavoro con lavoratori volontari da tutta la provincia di Reggio Emilia. Un’esperienza unica di recupero collettivo di un bene comune. Un esempio da raccontare, da sentire direttamente dai ragazzi del Teatro Sociale.
Le foto qui raccolte aiutano meglio questo racconto, e il prossimo post potrà aggiunge qualche riflessione in più.

manifesto d’epoca di uno spettacolo
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