Servizievolmente…a servizio.

maggiordomo I

Nei film….

Sta succedendo – è ormai evidente a tutti – un fenomeno in cui mestieri che nel passato recente sono stati disconosciuti, oggi riconquistano una visibilità e un’ attenzione rinnovate. Sarà quello che un po’ di tempo fa veniva chiamato ‘riflusso’? O sarà che in epoca di risorse scarse si riescono a valorizzare anche le briciole? Forse più  semplicemente questo atteggiamento è l’ultima opportunità che ci è rimasta per riabilitare e riconoscere al lavoro – a tutti i lavori –  attributi di qualità che prescindono dalla sua tipologia e dipendono invece da come questa qualità del lavoro viene espessa (in termini di cura, talento e disciplina).
E’ bastato un film ,“The Butler” (per non citare i meno recenti “Quel che resta del giorno” col maggiordomo magistralmente interpretato da Anthony Hopkins, o la  trilogia di Batman, con il suo Alfred, alias Micheal Caine) per raccontare, seppur su un caso esclusivo e col linguaggio da spettacolo del cinema, il lavoro del maggiordomo. Detta così, risulta facile riuscire ad attirare l’ attenzione: alla Casa Bianca, a servizio di Presidenti come Truman fino a Reagan, di personaggi che hanno fatto la storia recente dell’America. Chi non vorrebbe fare un tale mestiere ? Però a chi potrebbe capitare una simile occasione? Ma a guardare meglio non era per nulla scontato che Eugene Allen, un uomo di colore, rimanesse a servizio dal 1952 al 1986, né era scontato che gli venisse riconosciuta pari dignità come uomo e come persona del mestiere.

La storia di Filippo e la Scuola di Serramazzoni:

Filippo coi colleghi

Filippo coi colleghi

Credo però che ai giovani di oggi basterebbe la storia di Filippo.

27 anni, un Diploma Eurhodip alla Scuola di Serramazzoni come assistente maître. Dal gennaio 2014 lavora a New York come Training Food and Beverage Manager al ristorante “Tarallucci e vino” , quello sulla 18sima.

Ma questa è la fine della storia: partiamo invece dall’inizio.
Tutto comincia a 15 anni con la scelta del percorso di studi, perché la qualità del lavoro si inizia a costruire proprio da lì.

L'ingresso della Scuola Alberghiera di Serramazzoni

L’ingresso della Scuola Alberghiera di Serramazzoni

A Serramazzoni, alla Scuola Alberghiera e di Ristorazione (una Hotel School dove si vive e studia in full immersion per 5 giorni alla settimana), si formano allievi addetti alla cucina, alla sala e al bar. Due anni formativi di 1000 ore ciascuno, per diventare operatore della ristorazione ed un terzo anno di specializzazione di 800 ore di cui 480 di stage, in Italia o all’estero. L’obiettivo della scuola, dichiarato espressamente dal suo Direttore Giuseppe Schipano, è quello dirispondere all’emergenza del rilancio e della promozione del patrimonio enogastronomico italiano qui e nel mondo, grazie a figure preparate e professionali. Capaci di cogliere le novità e aperti agli stimoli esterni, gli studenti sono divenuti negli anni veri e propri ambasciatori dei nostri prodotti di eccellenza nel mondo.” E così interpretano il nostro futuro o come vorremmo essere conosciuti per il nostro Made in Italy.

Un'allieva nel Ristorante della Scuola Alberghiera di Serramazzoni

Un’allieva nel Ristorante della Scuola Alberghiera di Serramazzoni

Un elemento determinante nella storia di Filippo, e non comune alla scuole in generale, è la disciplina che la scuola impone e che si sintetizzata in 19 regole scritte. Lo studente è tenuto a firmarle e a rispettarle; lo stesso dovranno fare i suoi genitori, assecondandolo nell’impegno. Un “colpo basso” per il politically correct che le scuole tentano oggi di applicare, messe a dura prova dalle incursioni imprevedibili e destabilizzanti di genitori produci-figli-mammoni e disorientati (ricordiamo i recenti poco felici episodi delle botte alla dirigente di una scuola perchè aveva consentito la bocciatura dell’alunna).

Nella scuola di Serramazzoni per esempio non sono ammessi jeans strappati, tatuaggi, piercing, scritte volgari su magliette e jeans, tinte per capelli non naturali ecc.. Inoltre è vietato fumare e utilizzare telefoni cellulari, pc e portatili all’interno della struttura, pena una sanzione pecuniaria.

Un angolo del Ristorante della Scuola di Serramazzoni

Un angolo del Ristorante della Scuola di Serramazzoni

La scuola diventa qui l’anticamera del lavoro vero: terminati gli studi ogni futuro artigiano della ristorazione ( e potenzialmente futuro professionista, quando non imprenditore) sarà chiamato e tenuto a comportarsi in modo disciplinato verso se stesso e gli altri (colleghi o clienti) e dovrà imparare a rispettarli. Svilupperà una reale capacità di convivenza e collaborazione con i colleghi di lavoro con cui dovrà condividere gli spazi di vita quotidiana, lavorando, dormendo e mangiandoci insieme.

La cantina del Ristorante della Scuola di Serramazzoni

La cantina del Ristorante della Scuola di Serramazzoni

A 15 anni imparerà a vivere già da solo, sempre lontano da casa, senza tutte le comodità che di solito la famiglia gli garantisce, costretto a gestirsi individualmente le proprie paturnie di adolescente che cresce e che sta velocemente costruendosi il proprio futuro lavorativo. Inoltre apprenderà rapidamente la capacità di gestire con oculatezza i piccoli grandi patrimoni guadagnati col lavoro stagionale.

In questo modo si preparerà ad essere un professionista: è un bagaglio pesantissimo ma insieme fondamentale per la crescita individuale e la maturità relazionale di questi artigiani della ristorazione. Ed è anche un’esperienza selettiva: resiste solo chi persevera.

Ma la precoce durissima esperienza non preclude altro che ad un non meno duro lavoro futuro, seppur ben retribuito. Master chef, o analoghi format televisivi di successo che parlano di cucina, non fanno vedere che si diventa cuochi, camerieri, sommelier, barman o maître di sala solo dopo un percorso faticosissimo e che questi lavori sono svolti al servizio di chi è in vacanza o  a divertirsi.

La sala del Ristorante della Scula di Serramazzoni e il Direttore Giuseppe Schipano

La sala del Ristorante della Scula di Serramazzoni e il Direttore Giuseppe Schipano

Mentre Filippo impiegava il suo periodo estivo lavorando nelle sale dei ristoranti per “servire e riverire” i turisti al mare, i suoi coetanei, dediti ad altri studi, potevano invece spassarsela, lì in Romagna, nella culla del divertimento. Quando Filippo accumulava ore, giorni, mesi di lavoro c’erano altri che rinunciavano all’offerta di una posizione lavorativa perché non prevedeva le ferie estive.

Particolare della cantina delRistorante Scuola di Serramazzoni

Particolare della cantina delRistorante Scuola di Serramazzoni

Un miracolo della natura o una passione? Il primo non esiste senza il secondo. L’ autodisciplina e la forte determinazione fanno il resto. La fortuna, il caso e l’appoggio dei familiari però aiutano.
Ma le opportunità, per chi si sa distinguere, non mancano mai: disponibile a fare stage all’estero, Filippo ottiene di lavorare al ristorante La Gavroche di Londra. Fa un corso come bar tender all’AIBES  e quindi si diploma operatore turistico a San Giovanni in Persiceto. Concluso questo percorso, non si ferma: ottiene un TOEFL in Australia e quindi parte per gli USA.

Oggi nuove prospettive gli sono davanti: l’età e l’esperienza acquisita sono diventati un trampolino già elevatissimo da cui potersi lanciare sin da ora. Sono in molti ad avere bisogno di addetti alla sala, di barman e di personale preparato a svolgere quei servizi che nelle piccole realtà provinciali non vengono riconosciute ma che a livello internazionale possono posizionare una ristorazione di qualità nei gradini dell’eccellenza.

Per concludere…

Prima di oggi non si sarebbe mai riusciti a parlare di mestieri come il “cameriere” o il”cuoco” o il “barman” riconoscendo loro il valore che si meritano se non ci si fosse resi conto di quanti e quali valori essi possano contenere e di quanto possano essere rappresentativi nel mondo di un certo patrimonio di cultura di un Paese.

Affettatrice Berkell d'epoca

Affettatrice Berkell d’epoca

Così come “è accaduto che la dimensione culturale del cibo e di tutto ciò che storicamente gli ruota attorno (attenzioni materiali e mentali, saperi e tecniche, strumenti e simboli) è stata finalmente recepita nella coscienza collettiva”, allo stesso modo i mestieri che riguardano questa cultura, nella loro considerazione più professionale, sono stati arricchiti di contenuti e di significati che richiamano l’intero patrimonio culturale di una società.

“ Se di questo oggi siamo più consapevoli, non è solo perché possiamo permettercelo (perché nella nostra società il cibo non è più un problema di sopravvivenza quotidiana) ma anche perché le ragioni del corpo hanno finalmente fatto breccia nella nostra visione dell’uomo e della storia. Con la scoperta che le ragioni del corpo portano con sé quelle dello spirito, e che non esistono cose senza simboli, né simboli senza cose. Ciò che è tecnica, è sapere, è cultura. Cultura del lavoro che da sempre sostiene le necessità quotidiane dell’uomo e anche i suoi piaceri, giacché non sta scritto da nessuna parte che il bisogno non possa accompagnarsi al piacere; che la storia della fame sia altra cosa dalla storia della gastronomia.” (Massimo Montanari Docente di Storia Medievale e Storia dell’Alimentazione Università degli Studi di Bologna).

*Un sincero grazie al Direttore Giuseppe Schipano della Scuola Alberghiera e di Ristorazione di Serramazzoni e a Daniela e Filippo, protagonisti della storia.