“Mestieri d’arte”: questo è il titolo della mostra collettiva di botteghe artigiane e laboratori del centro storico di Reggio Emilia, ora riunite nell’omonima associazione . Il suo battesimo inaugurale risale al 16 aprile scorso.
In giro per botteghe.
A fine marzo, in occasione delle giornate europee dei mestieri d’arte, anche i laboratori e le botteghe artigiane di Milano e di Treviso, contemporaneamente a quelle di Ginevra, Parigi e di altre città europee, hanno tenuto aperti i loro spazi, assieme a musei, scuole ed altre istituzioni.
Ma cos’ispira tanto fermento, a volte sponsorizzato, altre volte semplicemente autoprodotto? L’obiettivo dichiarato è quello di far uscire gli artigiani dalla condizione di invisibilità in cui sono entrati da quando il prodotto industriale, accessibile a tutti ed a buon mercato, ha soppiantato il gusto per la qualità delle produzioni artigiane.
Cosa sono i mestieri d’arte?
Giuridicamente c’è una normativa che li identifica, ma a furor di popolo – come dimostrano i risultati di Astra Ricerche (ricerca quantitiva “gli italiani e i mestieri d’arte” del giugno 2012, commissionata dalla Fondazione Cologni) le figure maggiormente riconosciute come tali sono quelle che più ricorrono in televisione, cioè …..i cuochi …..
Ugo la Pietra, famoso artista designer, li classifica distinguendoli in base alle differenze culturali che li contraddistinguono: c’è l’artigianato artistico per conto terzi, che realizza le parti di un manufatto da assemblare. Ci sono gli artigiani che lavorano su progetto (S. Micelli li chiama gli “artigiani traduttori o modellisti”), cioè artigiani “colti ed abili” che realizzano pezzi su misura per architetti e/o designer (è tutta da scoprire la storia di Giovanni Sacchi, segnalata da S. Micelli). Ci sono poi gli artigiani della tradizione, che portano avanti competenze sedimentate nel territorio (come i mosaicisti di Ravenna o i maestri ceramisti umbri). All’interno di questo stesso insieme rientrano gli artigiani che realizzano pezzi per il mercato di massa dei “souvenirs” (ceramiche, mosaici, ecc.) ed artigiani che recuperano la tradizione trasformandosi piuttosto in artisti con un proprio linguaggio di produzione (U. La Pietra cita tra i vari B. Gambone ). Di recente si sono aggiunti gli artigiani “metropolitani”, che realizzano oggetti con materiali di recupero (http://www.riciclarte.it/). Ancor più attuale è la popolarità acquisita dai cosiddetti “makers”, gli “artigiani digitali”. Questi ultimi sono giovani, generalmente di provenienza universitaria, ma privi di esperienza manuale e di dimestichezza pratica coi diversi materiali: producono oggetti di design “artistico/sintetico” affidandosi al supporto delle stampanti 3D. Resta un’ultima categoria – quella più innovativa – : si tratta dei designer/artigiani capaci di combinare tecnologia e tradizione per trovare un nuovo modello produttivo che li ricolleghi al mondo aziendale (Micelli li definisce artigiani creativi che autoproducono).
Il settore in generale è oggi alla ribalta in una veste mediatica che vede come protagonisti soprattutto i Fab-Lab – per la novità che rappresenta il movimento – e le start up nate come piattaforme web e marketplace per vendere e promuovere l’artigianato artistico. Oppure se ne parla attraverso immagini di botteghe improponibili nell’attualità, che sembrano più ritagli di un mondo perduto e nostalgico.
Chi sono gli artigiani artistici oggi?
Roberta fa la restauratrice di sculture lignee, Giorgio, l’orafo, Gian Domenico, il mosaicista, Anna, la decoratrice di tessuti, Rossano e Antonia, i calzolai che producono scarpe su misura e così via per tutti gli altri che costituiscono l’ associazione dei 18 artigiani che si sono presentati al pubblico a Reggio Emilia, il 16 aprile scorso. Hanno provato a raccontarsi alla città, mettendoci faccia, i loro prodotti e gli attrezzi che utilizzano. Questi sono i segni distintivi che li rappresentano Non sono mode. Sono persone che incarnano valori e competenze che vorrebbero far riconoscere.
L’artigiano, perfeziona le sue abilità attraverso la pratica ed un lavoro lento ed accurato: quali valori può riproporre in quest’economia dove resiste il paradigma della produzione di massa, la velocità e la produzione su scala globale a costi minimi? Che ruolo hanno i mestieri d’arte in un contesto lavorativo “multitasking” e precario?
Questi artigiani hanno capito che serve far sapere la propria storia quotidiana per far capire a tutti cos’è quel mestiere. Hanno capito che serve raccontare della loro passione per il lavoro ben fatto, del lavoro fatto a regola d’arte . Serve dire della loro voglia di migliorarsi giorno per giorno e del loro attaccamento ad una comunità di pratica. Serve far sentire il loro senso di appartenenza a quelle che un tempo erano le ‘corporazione’, e che oggi sono piuttosto i valori del territorio, detto fino a ieri “distretto”. A disposizione oggi hanno il web ed i suoi strumenti.
Come fare per essere attuali?
La ricchezza dei mestieri d’arte consiste non solo nella capacità di produrre pezzi unici ma anche nella grande attenzione verso i bisogni dei clienti a cui viene offerto un servizio su misura. Sono questi i valori su cui impostare una nuova catena del valore per le produzioni Made in Italy. Detto in altro modo: le aziende, gli studi di architettura e di design, per es., possono avere come prototipisti, modellisti, o produttori di pezzi importanti degli artigiani artistici tradizionali. Basta intercettarli e farsi raggiungere.
Mestieri d’arte, l’associazione di Reggio Emilia, ci ha provato con un primo passo: da vetrina dovrà diventare luogo di contatto e scambio per raggiungere – se lo vorrà – occasioni di lavoro su un mercato più vasto.
E di tutto ciò anche la collettività ne può beneficiare: perchè le persone si possono sentire più coese, meno insicure, con più ottimismo e voglia di parlarsi e confrontarsi. C’è spazio per tutti, anche per lavori a misura d’uomo, pensando ad un ecosistema che recuperi e metta a nuovo un’ economia per le persone, le loro capacità e i loro bisogni. Perché no?
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