Arte, artigianato e lavoro: che storia! (I mosaici – Parte Seconda)

La storia e le sue “tessere”.

Sole - Marco De Luca

Sole – Marco De Luca

Pensando alla sensazione di disagio che travolge oggi anche il più lucido e consapevole degli ottimisti (se ancora ne rimangono) viene da dire che in giro non c’è molto di cui gioire né da cui sentirsi stimolati “al fare”. Ma se si cerca con altri occhi, ricordando che noi ci raccontiamo e ci pensiamo nel futuro grazie anche al vissuto che portiamo dentro, ci arriverebbero ottime sollecitazioni proprio dalla nostra storia.

Per storia penso a quella fatta non solo di oggetti – di cui alcuni ingombranti, come i monumenti, ed altri più piccoli come i nostri cimeli – ma soprattutto a quella che parla delle persone, con le loro attività, le loro opere sparse sul territorio, il loro esempio e la vitalità che ci ispirano guardandoli. Anche se per istinto vitale la prima cosa che si cerca è la novità, rivivere la storia nell’attualità delle nostre vite, ha un ruolo determinante, soprattutto per il nostro futuro.
Prendiamo ad esempio Ravenna: oggi è una città a tutti nota per il suo passato straordinario che la bellezza dei suoi mosaici racconta. La sua storia ci parla di un’arte – a lungo considerata “minore” – le cui dinamiche nel tempo sono emblematiche dell’evoluzione di molte altre attività artistiche.

Galla Placidia- Municipio di Ravenna

Galla Placidia- Municipio di Ravenna

Fino all’XI secolo Ravenna poteva vantare 250 chiese di cui molte erano decorate con mosaici. Sono stati i committenti “forti” del periodo, da Galla Placidia a Teodorico (tra il 430 ed il 560 circa), a dare impulso ai suoi splendidi monumenti. Opere architettoniche commissionate da un “dominus”, cioè dal signore del periodo, che voleva lasciare di sé un segno distintivo forte, per meritare visibilità e prestigio, attraverso un forte investimento, sia finanziario che simbolico, nell’opera commissionata. In questo senso il mosaico rivestiva un’ importante funzione didascalica della cristianità, e celebrativa della sua committenza, coinvolgendo sul piano lavorativo cospicue maestranze italiche con competenze miste.

Il mosaico conoscerà la sua fase di declino a partire dal 1200, con l’affermarsi dell’affresco nel Rinascimento: mutata la cultura di riferimento mutano anche i linguaggi che la rappresentano ed i soggetti che le danno impulso e la raccontano.

Il giardino immaginato- di M. De luca

Il giardino immaginato- di M. De luca

La ripresa artistica della tecnica del mosaico, oscurata per un lungo periodo, si manifesta a partire dalla fine dell’ 800, grazie a due fatti emblematici: il nuovo gusto artistico ed il bisogno di conservare le tracce del passato, per meglio conoscerlo. Attraverso l’intensificarsi dei lavori di restauro emergerà l’esigenza sia di maestranze locali che della loro formazione in quanto tecnici preparati. Nel 1924 viene così istituito il Corso di mosaico dell’Accademia. La scuola formerà un gruppo di maestranze – i Maestri Mosaicisti, come li definisce Severini – che, per l’alto livello qualitativo dei loro lavori e per la fedeltà alla tecnica bizantina, appresa sui ponteggi di restauro, verrà identificato come Scuola (L. Kniffitz).

La tecnica ravennate è nota come metodo “diretto”; il suo contraltare è il cd “rovescio”, più semplice, creato dal friulano Facchina per decorare a mosaico le grandi superfici. La Bottega del mosaico inventerà anche il “metodo diretto su base provvisoria” per i lavori più complessi.

Scuola di Restauro del Mosaico

La tecnica diretta, proprio perché nata dall’attività di restauro dei mosaici antichi, ne sarà l’espressione più fedele e verrà codificata e tramandata attraverso la Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna. Qui nasceranno altri Istituti di formazione dedicati all’ insegnamento dell’arte musiva: nel ’59, l’Istituto d’Arte per il Mosaico Gino Severini, nel 1963, l’Istituto di Antichità Ravennate e Paleo-Bizantine, facente parte della Facoltà di Lettere. Nel 1984 viene aperta la Scuola per il Restauro del Mosaico della Soprintendenza di Ravenna, dipendente dall’ Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Accanto a queste Istituzioni statali sono stati aperti a Ravenna altri corsi di formazione professionale per il mosaico. Oggi tuttavia stanno attraversando una fase di crisi sia a causa dei nuovi ordinamenti ministeriali previsti per le Scuole Professionali, sia per la carenza di risorse.

L’attività di restauro compiuta sui mosaici ha consentito alla tradizione di diventare competenza. La ricerca tecnica, a sua volta, ha trasformato la competenza – ricodificandola attraverso l’insegnamento nelle scuole – in capacità espressiva e in consapevolezza delle diverse tecniche. Ciò permetterà al mosaicista della scuola ravennate di non essere più solo un mero esecutore di una committenza, ma un suo attivo interprete, quando non un artista. E’ per questa stessa ragione, in virtù della capacità culturale dell’artigiano mosaicista, consapevole dei rapporti tra tecnica e arte, che tanti grandi artisti contemporanei hanno trovato nei mosaicisti ravennati i migliori interpreti delle proprie visioni.

Per contro, se Ravenna è famosa per il mosaico parietale, Spilimbergo (Udine) vanta invece una tradizione nel mosaico pavimentale (soprattutto cocciopesto e pavimenti ‘alla veneziana’). Tale tradizione è qui ben radicata grazie alla virtuosa collaborazione tra fabbriche e laboratori di Venezia. Risale al 1922 l’ istituzione della Scuola di Mosaico, tuttora attiva, che si basa sul cd. “metodo indiretto” su carta, molto economico, più piatto e privo della varietà delle inclinazioni delle tessere tipica della tecnica diretta ravennate. La scuola inoltre, non essendo statale, ma agendo come consorzio privato, non è vincolata ai programmi ministeriali. Gode quindi di maggior autonomia didattica e può così prevedere corsi di 30 ore settimanali di mosaico, formando artigiani bravissimi. Rispetto alla scuola ravennate però, in quanto più orientata alla manualità, la scuola di Spilimbergo dedica meno tempo alla formazione di una “mens critica” nell’allievo.

Un “mosaico” di relazioni di qualità.

Senza Titolo _ M. Bravura per Hotel Wardorf di Milano Marittima 2008

Senza Titolo _ M. Bravura per Hotel Waldorf di Milano Marittima 2008

La storia del mosaico, qui molto semplificata, si dimostra emblematica del contributo e delle specificità che caratterizzano i rapporti tra il mondo delle istituzioni e l’economia, tra il mondo del fare impresa e la cultura, tra il mondo del lavoro e la formazione.

Laddove c’è un contesto in cui la visione delle istituzioni o di alcune menti illuminate si fa portatrice della vitalità del tessuto produttivo di un territorio, e si rende promotrice attiva della sua cultura – sia artistica che tecnica – le proficue relazioni di sistema generano vantaggi per tutti.

Le relazioni vive tra economia, stato sociale e istituzioni favoriscono il territorio nella sua crescita e nella capacità di proiettarsi nel futuro, in quanto ne conoscono le risorse tecniche e le capacità produttive (sia in termini di persone che di know how). Questo è l’ humus sul quale le attività già esistenti possono crescere e svilupparsi e a loro volta generarne di nuove; questo è il potere rigenerante della storia.
Grazie al fervido intreccio tra visioni imprenditoriali e visioni politiche delle pubbliche amministrazioni locali, tra manodopera e scuola si ottiene un effetto moltiplicatore di opportunità. 

Arazzo Rosso_ M. Bravura 1992

Arazzo Rosso_ M. Bravura 1992

Se nell’ antichità la committenza spettava al Principe che promuoveva la realizzazione dell’opera per i propri scopi politici, dottrinali e religiosi, senza alcuna limitazione di fondi, oggi la situazione è molto più complessa e frammentata. Il periodo della committenza forte non esiste più. Lo stesso ente pubblico interviene – per mancanza di risorse – al limite per sostenere la valorizzazione delle realtà artistiche e produttive, in risposta ai bisogni dei cittadini.

Il vuoto di risorse che si è creato tuttavia pur rappresentando una fonte in meno dalla quale attingere per produrre cultura, ha lasciato il posto ad iniziative di sponsorizzazioni private, oggi favorite in Italia anche da una legislazione fiscale agevolativa (decreto Art Bonus).

Inoltre, si è aperto lo spazio all’ autopromozione del lavoro artistico-artigianale anche attraverso la rete, in forme autonome, rompendo un pudore dell’arte che si sottraeva al “mercimonio” per raggiungere destinatari sparsi ovunque nel mondo.

Oltre- di M. De Luca

Oltre- di M. De Luca

Tuttavia, in un contesto così ampio e “a mosaico” serve un tipo di “qualità”  che non può rappresentare le virtù di un singolo soggetto ma va ritradotta come “ qualità delle persone, delle relazioni, dei progetti e dei prodotti.”

Questa è’ la “qualità del fare sapiente e consapevole”. (A. Meomartini membro del CdA Luiss Guido Carli di Roma ) perché oggi il “fare” sta riconquistando la stessa dignità del pensare, anche a partire dai giovani.

gli attrezzi del lavoro - Greta Guberti

gli attrezzi del lavoro – Greta Guberti

** Questo articolo non vuole essere un saggio critico o simili, in quanto non avrei competenze culturali per scrivere in modo specialistico dell’argomento, e riporta solo le mie osservazioni.
Ringrazio invece gli studiosi competenti in merito, come la dr.ssa Linda Kniffitz curatrice del Centro di Documentazione Internazionale sul Mosaico (CIDM) del MAR che con le sue relazioni e la sua illuminante spiegazione a voce mi ha aiutato a mettere insieme questo “complesso mosaico”. Devo menzionare anche il dossier che ho letto dell’Istituto per i Beni artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna che con le relazioni dei suoi esimi studiosi fornisce a chi vuole capirne di più, materiale preziosissimo di studio. (IBC E-R è un Istituto che ha il pregio di fornirci pubblicazioni e iniziative preziosissimi per la memoria e la cultura dell’arte e dei beni del territorio regionale).
Grazie ancora a Greta Guberti che inaugura la sua bottega laboratorio Venerdì 20 settembre in Via Maggiore 65 a Ravenna (consiglio di farci un salto).

Il monte - di M. De Luca

Il monte – di M. De Luca

Istruzioni per lavorare felici. (Parte Prima)

Greta Guberti nella sua bottega laboratorio di prossima inaugurazione (20/09/14)

Greta Guberti nella sua bottega laboratorio di prossima inaugurazione (20/09/14)

Capita che girando, soprattutto nel periodo estivo, si incontrino persone molto interessanti, incrociate per caso, ma che poi, meno per caso, queste riescano anche ad aprirti a mondi ed imprese appassionanti.

A me è capitato così: a Cervia, in luglio, al mercatino artigianale del giovedì, ho incontrato il mondo del mosaico con Greta, un’artigiana (o artista?) mosaicista di Ravenna. Ma in quanti conoscono l’arte musiva? Io, che appartengo alla folta schiera degli ignoranti, non posso nascondere che dopo questo incontro sono stata contagiata dalla passione dell’arte del mosaico e ho scoperto che non è solo storia e monumenti ma anche e soprattutto attualità, arte, artigianato, produzione, futuro e scuola.

Bottega laboratorio di Greta a Ravenna  prima dell'inaugurazione del 20/09/14

Bottega laboratorio di Greta a Ravenna prima dell’inaugurazione del 20/09/14

Appartengo alle fila di quelli che d’impatto, di fronte a oggetti “in odore” di storia e di tradizione, fanno come i gatti con l’acqua: si scherniscono per paura di impicciarcisi troppo, finchè non ne hanno realmente e tangibilmente percepita la vitalità e il senso di nuovo. Invece, Greta, facendomi vedere come lavora, è riuscita a trasmettermi il senso ed il significato di realizzare un mosaico, facendolo ad arte. E’ una sensazione di piacere molto particolare, che si concretizza nei volumi, nelle cromie degli oggetti intorno. Il racconto del suo lavoro è riuscito a farmi provare quel senso di libertà, di orgoglio del produrre ed il piacere di veder fatto quello che si ha in testa di realizzare, che solo chi sa lavorare con mani competenti riesce a provare.

“Un sapere senza le sollecitazioni della vitalità si fa presto inerte, ma questo stesso sapere senza l’impegno del rigore si fa anche vuoto” (Luciano Anceschi, Che cos’è la poesia?).

Motivo decorativo in mosaico - autore Greta Guberti, Ravenna

Motivo decorativo in mosaico – autore Greta Guberti, Ravenna

Greta si diploma nell’89 alla scuola del mosaico di Ravenna e tutte le sue successive scelte lavorative saranno legate al mosaico che rappresenta per lei una passione per la quale lavora anche su progetti in Oman, Libano, Egitto fino a collaborare alla realizzazione di un’importante opera funeraria in India. Due anni e mezzo in un’azienda di produzione industriale di mosaici artistici la convinceranno che “la vita chiusa in fabbrica come dipendente non le appartiene”.

“Ho sempre pensato più a lavorare che a promuovermi e tutti i nuovi lavori mi arrivavano attraverso il passaparola”. Tuttavia Greta non ignora il valore delle nuove tecnologie e della loro funzione comunicativa e, grazie alla loro facile ed immediata disponibilità – come per lo smartphone – si attrezza per documentare i lavori che esegue.

Quello che più mi ha disarmata, rispetto alle persone che incontro – ai professionisti o agli imprenditori di oggi – è che Greta non mi ha mai espresso una sola lamentela né si è sfogata nell’invettiva o nel malcontento con cui di solito oggi si chiude ogni replica nelle conversazioni. Con la sua attività, fatta di inventiva e di vitalità, Greta piuttosto dedica il suo tempo, le sue energie e le sue risorse al ‘fare’. Si concentra su un lavoro paziente e, con altrettanta pazienza e tenacia, e con non minor fatica, riesce a renderla economicamente sostenibile. “Non c’è altra soluzione, nessun altro modello economico se non quello che abbiamo, con le regole che oggi ci vengono date”: tradotto significa che lei non si adatta fatalisticamente all’ineluttabilità dello scenario intorno, ma che, senza perder tempo, preferisce adoperarsi per il miracolo quotidiano del lavoro, giorno per giorno, tutti i giorni. In un’attività tanto speciale quanto quella del mosaicista.

Ma quale attività, quali prodotti si possono realizzare e per quale clientela, con quale domanda di mercato nel mosaico?

Queste domande contemplano risposte molto più ampie e articolate e vanno ripescate dentro il contesto dell’arte musiva.
C’è una produzione su commessa, che riguarda parti decorative, di tipo architettonico o d’arredo, per privati o per ambiti pubblici. Inoltre c’è un’altra produzione di tipo più dichiaratemente artistico (quadri, sculture, opere d’arte). Infine, ma non da ultimo, esiste anche una produzione di oggettistica in mosaico (cornici, elementi decorativi, ecc.). Alcune aziende come Sicis o Bisazza hanno fatto della produzione industriale di mosaico il loro business e l’azienda Ravannae di Vittorio Bulgarelli, invece si è specializzata in una produzione di nicchia di alta qualità di materiale per mosaici, tanto per citare alcuni esempi tra i più celebri.
Di fatto la crisi attraversa inevitabilmente anche le botteghe artigiane ed i laboratori di mosaicisti: la maggior parte di essi non si avvale più di dipendenti ma fa piuttosto ricorso a collaboratori inquadrati come “artisti” – e non come “artigiani” – per ragioni di sostenibilità fiscale. Grazie al regime dei minimi però giovani e meno giovani hanno avuto l’opportunità di poter lavorare anche per proprio conto, superando l’unica alternativa oggi esistente di proporsi con collaborazioni a pochi euro lordi l’ora, senza limiti d’orario né garanzie di continuità.

E’ calata inoltre la qualità stessa delle commesse ed i mosaicisti più importanti con i quali Greta collaborava hanno a loro volta fatto scelte alternative (o ridimensionandosi o rivestendo altri ruoli in altre realtà). Quelli che hanno collaborato con importanti studi di architettura ed hanno lavorato con architetti e progettisti anche di fama, sono riusciti a mantenere importanti committenze dall’estero a fronte del calo in Italia.

Anche il restauro musivo, settore distinto, è a sua volta in sofferenza visto che la committenza – rappresentata in prevalenza dal pubblico – investe meno negli interventi di recupero dei monumenti.
Greta però ha sempre lavorato: si è resa disponibile per qualsiasi giorno, a qualsiasi ora, mantenendo tuttavia fermo il costo della sua attività. Sorgerebbe però spontanea la domanda: a cosa serva aver studiato tanto?
Ci si risponde con un’altra domanda: cosa si può fare per non dover almeno smettere di lavorare?

E’ evidente che la qualità di un prodotto fatto ad arte dipende da fattori diversi: a partire da talento e dalle abilità artigiane che si esprimono nel manufatto, fino alla qualità dei materiali utilizzati e dal gusto estetico delle cromie e dei volumi combinati insieme nel prodotto finito.

Oggetti di tipo artigianale non coincidono mai con oggetti di valore più turistico-commerciale. La prima domanda da porsi  sarebbe chiedersi perché i prezzi sono diversi. Solitamente la materia prima utilizzata ha costi molto elevati che dipendono o dal tipo di materiale (vetro, ceramica, marmo, ecc.) o dal taglio che ha subito (taglio a mano o pretaglio industriale). Dispiace dover constatare che in prevalenza i prodotti commerciali, a basso costo, sono quelli più venduti nell’oggettistica. Non tutti vogliono o possono sostenere i prezzi dei prodotti più curati. Tuttavia “c’è spazio per tutti”, e i negozi turistici che vendono souvenir in mosaico sopravvivono accanto ai laboratori-bottega artigiani di tipo più artistico.

Persone come Greta – e tanti altri di cui si parla meno o poco in giro – hanno in comune tra loro di riuscire ad espandere le opportunità che abbiamo, di prospettarne delle nuove arricchendo la nostra esistenza e stimolandoci a fare, agire e lavorare. Mettono così in scena nuove possibilità per tutti, costruendo un nuovo mondo, nuove opportunità di lavorare e pensare, che restano a disposizione di tutti.

Col loro lavoro, giorno per giorno, liberano energie positive e le mettono in circolo nel mondo.
Citando Gino Severini:

“Da tutto questo si ricava, io spero, che il mosaico è un bel mestiere, un magnifico mestiere, indissolubilmente legato ad una concezione dell’arte. Ma, ancor meglio delle mie informazioni e delle mie riflessioni, sarà il lavoro stesso dei mosaicisti di Ravenna a dare la miglior lezione a chi saprà ascoltarla. A questi mosaicisti, di cui io conosco a fondo l’onestà, l’amore infinito e l’abnegazione che mettono in un lavoro inteso come una missione, io sono felice di rendere qui il sincero omaggio che essi meritano”.

Un fantastico tour di piacere

Ci vorrebbe uno di quegli strumenti innovativi, come la “realtà aumentata” o “oculus rift” o qualche altro marchingegno tecnologico, per riuscire a rappresentare efficacemente attraverso tutti i sensi quello che la visita ad ALMA Scuola internazionale di cucina può rappresentare per un profano. Le parole da sole non bastano a rendere questo viaggio: è un vero e proprio tour dei sapori e, al tempo stesso, un corteggiamento del sapere che li accompagna, un trionfo dei colori e dei profumi della materia prima e dei semilavorati che si utilizzano. A partire anche dalle facce degli allievi, degli chef e dei maestri, concentrate ognuna nel proprio ruolo. E, soprattutto, è una visione prosaica, ma non per questo meno incantevole, dell’esercizio delle mani e dell’immaginazione, della testa e dei gesti accurati richiesti a uno chef.
Chi prova piacere ed è affascinato dalle capacità creative e produttive del saper fare delle persone e dall’espressione del loro talento,  qui ha modo di fare un vero viaggio dei sensi, ma non solo. Qui è anche tangibile una visione, diciamo cosi, “sociale” del lavoro fatto ad arte.
Il cuoco è un mestiere che può essere incluso nella categoria dell’’artigianato artistico”. Da una web research di Astra, commissionata nell’aprile 2012 dalla Fondazione Cologni, alla domanda su quale fosse ‘il mestiere d’arte’ più noto, il cuoco è risultato essere la risposta dell’80% (26.700 individui) degli intervistati. Al quesito successivo in cui veniva chiesto di valutare quale sia il mestiere più importante per il futuro dell’Italia, quello di cuoco totalizzava di nuovo il punteggio massimo (voto 7,70 su un max di 9).

Il Rettore Maestro Chef Gualtiero Marchesi durante una lezione- 11 luglio 2014

Il Rettore Maestro Chef Gualtiero Marchesi durante una lezione- 11 luglio 2014

Prima tappa: la Reggia.

Il viaggio ad Alma inizia già in modo coinvolgente dal momento stesso in cui si arriva nella sua sede, la Reggia di Colorno. Storica residenza di Maria Luigia d’Austria, il palazzo è rimasto chiuso per più di trent’anni. La Provincia non sapeva bene cosa farne finchè un assessore, Albino Ivardi Ganapini, non decise di aprirvi una scuola. In Italia non esisteva ancora una formazione specialistica successiva agli studi professionali della scuola alberghiera. L’Assessore Ganapini, dimostratosi esempio di buona pratica dell’amministrazione pubblica, assieme a Riccardo Carelli, attuale amministratore delegato di Alma, nel 2004 decide di aprirvi un’”Università” per cuochi. Così nasce Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, società a responsabilità limitata con capitale a maggioranza pubblico, ma anche azienda dalla gestione manageriale dei trend del mercato internazionale e delle sue innovazioni tecnologiche.

Partita coi migliori maestri (L. Toma, C. Cracco, P. Leeman, per citarne alcuni famosi), Alma ha come suo Rettore il maestro Gualtiero Marchesi , il padre della cucina italiana, che ha accettato quel ruolo dopo non poca insistenza, in quanto voleva essere certo che quello che veniva fatto lì era il meglio che si sarebbe potuto fare nella didattica gastronomica. Ad Alma vanno persone che hanno l’eccellenza come obiettivo di vita e che in tal modo contribuiscono ad un modello di civiltà.

Nella scuola non si insegna solo un mestiere con la sua dignità, ma in un certo senso si contribuisce anche all’ ordine del mondo.

Su una superficie di 5.000 mq con aule attrezzate  si va dalle aule demo, alle aule training; dal centro di pasticceria all’aula sommellerie; dalla cantina didattica fino alla biblioteca con oltre 11.000 volumi di settore.  A pochi passi dalla scuola si trova Alma Housing, un residence con appartamenti per gli studenti iscritti.

Seconda tappa: le cucine laboratorio.

Il tour qui prende un’altra dimensione: dal cortile del palazzo, entrando nelle aule, è come passare dall’arte antica alle moderne fucine dei laboratori di cucina. Dalla tradizione si passa verso il futuro: quello dei cuochi, aiuto cuochi, sommelier e pasticceri, italiani e non, che lavoreranno nel mondo e che ovunque rappresentano e rappresenteranno la fetta più nota del Made in Italy.

Le aule training sono la tappa più avvincente del viaggio: ragazzi in divisa con grembiuli e toque bianca, impegnati in team ai fornelli o singolarmente concentrati su una preparazione. Fumi odori e sorrisi: belle facce che danno l’impressione di stare bene dove sono. In questa sosta  le abilità dei ragazzi e degli allievi tutti, appaiono tangibili. Qui si assiste alla metamorfosi dell’essenza intima di ognuno di loro:  le mani sanno abilmente trasformare in oggetti concreti – i piatti gastronomici che hanno pensato – il meglio che hanno dentro sè. Non di rado poi, questi piatti si trasformano anche in opere d’arte.

Attraversando le sale, tutte diverse, ognuna con le sue attrezzature e i suoi ingredienti, (burri, paste, carni, impasti, sfoglie, forni, lavelli, piani di lavoro, coltelli e altri ammennicoli a me ignoti), ognuna con un suo proprio umore, si percepisce forte la personalità del maestro o chef . A lui tocca esprimere con l’ “esempio, il miglior insegnamento” di cucina per gli allievi (cit. di Gualtiero Marchesi) .

E’ tutto un brulichio di lavoro e di scambio tre le persone. Qui gli stranieri sono il 30% degli allievi e vivono in questo piccolo comune, tipicamente italiano, che è Colorno, nella Food Valley. Diversi sono i corsi strutturati nell’anno: corsi di cucina, di pasticceria, di sommellerie, corsi di food and beverage management, ed altri (all’estero, con le grandi scuole internazionali, su misura e la summer school). Tutti sono rivolti a candidati con diploma alberghiero o esperienza, e con un età inferiore ai 40 anni. I corsi hanno prezzi da master prestigioso ed assicurano una collocazione entro sei mesi al 90% degli alunni diplomati.

Piatto della prova d'esame di Bianchi Andrea - ALMA

Piatto della prova d’esame di Bianchi Andrea – ALMA

La vocazione internazionale di Alma.

Alma è una scuola dalla vocazione internazionale ed è l’unica al mondo accreditata per quanto riguarda la Cucina Italiana, l’Enogastronomia, la Sommellerie e l’Hotellerie. Ha infatti costruito un network formato dai migliori istituti formativi di cucina da 20 paesi diversi. Recente è il suo accordo di parternariato con l’India, per rispondere all’aumento di richiesta di cuochi italiani nei ristoranti o presso le catene alberghiere internazionali in quel Paese. Un network in cui Alma è il portavoce del Made in Italy gastronomico nel mondo e i cui allievi sono i suoi ambasciatori.

ColangeloMirko1-1

Piatto della prova d’esame di Colangelo Mirko

La cucina come artigianato artistico.

Gualtiero Marchesi, nel suo discorso alla celebrazione del decennale della scuola, ribadisce che il lavoro in cucina è artigianato artistico: “la cucina di per sè è scienza: sta al cuoco farla diventare arte”.

Per il maestro :“la cucina,  è un’arte saldamente ancorata a solidi principi fondamentali ed immutabili di purezza, semplicità, verità. Imparare a scegliere l’abbinamento dei prodotti tra loro, cucinarli, condirli, presentarli è ricerca intuitiva, è scienza, è dono di natura come il gusto, che, chi lo possiede, indica con precisione come scegliere ed abbinare sapori, profumi e colori. Ho insegnato ad apprezzare la bellezza del piatto e del suo contenuto. La bellezza è cosa concreta,  e necessita di essere aiutata per essere capita. In cucina il prodotto d’Arte, ossia il piatto, deve nascere per dar forma ad un’idea, per essere ricordato nel tempo, nella sua bellezza e far rivivere l’emozione trasmessa dall’idea che l’ha generato. Si ottiene così il vero risultato di autentica arte culinaria.

La Reggia di Colorno - ALMA

La Reggia di Colorno – ALMA

La sensazione più “ingombrante” che rimane da questo viaggio è la consapevolezza che possiamo contare ancora su un vasto patrimonio di competenze e su un largo consenso collettivo per la bellezza ed il fatto bene.
Questo è anche l’amore di tutti per le cose belle di questo pianeta.

*Non può mancare un sentito grazie al dr. Andrea Sinigaglia, Direttore Operativo di ALMA, che mi ha pazientemente ma non meno affabilmente acompagnata in visita ad ALMA. Un grazie sincero per l’ospitalità di tutta ALMA e dei suoi preparatissimi ed accoglienti allievi che hanno cucinato e servito caffè e vino (ahimé). E grazie alla piacevole accglienza anche del Rettore Gualtiero Marchesi, pilastro della cucina italiana nel mondo.